martedì, Luglio 1, 2025
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E oggi… pizza!

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Sto pensando di chiamare questa rubrica “ho visto siti che voi umani non potete neppure immaginare, server in fiamme nella sala 6 di aruba, linee di codice balenare nel oscurità del web ”. Poi ho visto questo sito e ho deciso di chiamare la neuro per ricoverarmi.

Un non-sense grafico, non c’è altro modo per definire il tentativo di un sito in flash che di “Flash” ha solo il tasto destro “Ingrandisci – Qualità – Informazioni su Flash Player…”.

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La prima chicca è la home, dove di fianco a un menù praticamente realizzato a monitor spento c’è la foto dello staff scontornata da un camionista lappone in astinenza da birra.

Però forse la vera intenzione è di mostrarci il vero aspetto dei “grigi”, lo stereotipo dell’alieno testone ovale.

No! aspetta! Guardando meglio mi rendo conto che sono i titolari della pizzeria trasformati che nemmeno il peggior morphing di film coreano di serie C1 ci riuscirebbe.

Vabbè, andiamo oltre. Proviamo a vedere la sezione “dove siamo”. E laddove io (da povero bastardografico) riuscivo a inserire g-map in flash dal 1971 (cit: “eh! quasi 72!”) troviamo una specie di animazione-zoom che mostra dove è avvenuto l’impatt… pardon… dove si trova la pizzeria.
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Dai, la pizza però ispira fiducia, provo a vedere in “Contatti” così se capito in zona provo ad assaggiarla, ci sarà un form, il minimo sindacale. No, ancora buca. Però ci sono le pizze. Aspetta ma sono in menù o contatti? No, contatti. E perché le pizze?

Ho deciso. Stasera cinese.

 

Nota del admin {M}: avete avuto incontri del terzo tipo anche voi con siti del genere? segnalatelo nei commenti il nostro bastardografico anche sotto l’ombrellone d’agosto è intento nello scovare queste chicche.

Dito Von Tease: impronte digitali

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Cari utenti di Roba da grafici, da oggi inizia la rubrica di interviste “Soft Chat Interview”.

Ho voluto fortemente iniziarla intervistando un “misterioso” art director bolognese, autore di una serie di piccoli capolavori digitali. Indici photoshoppati con elementi essenziali di personaggi famosi.

Nome in codice Dito Von Tease.

 

ditovontease

Come nasce Ditology?

Il progetto Ditology è partito nel 2009.

Volevo creare il mio account Facebook, ma volevo che fosse uno spazio virtuale libero dalle intrusioni dei parenti, dei colleghi e degli “amici”. Mi sono così nascosto dietro un dito.

Il desiderio di nascondermi dalla vita reale mi ha fatto riflettere sull’identità, mia e delle persone in generale … Quindi ho scelto l’immagine di un dito, per suggerire che tutti noi ci nascondiamo dietro un’immagine che vogliamo dare di noi stessi. Questo è il mio Dito: la rappresentazione delle maschere che indossiamo nella vita … probabilmente per preservare la fragile unicità individuale della nostra impronta digitale.

 

Quanto lavoro c’è dietro ogni tuo personaggio?

Ogni ritratto è un piccolo e dettagliato prodotto di artigianato digitale, che mi impegna dalle 8 alle 16 ore di lavoro.

 

Perché la scelta è ricaduta su “Dito Von Tease”? Forse per omaggiare la famosa artista di Burlesque “Dita Von Teese? Noto il cognome con una leggera modifica: Tease.  Che in inglese significa “burlarsi di”… c’entra qualcosa questa fantastica scoperta con te?

Il mio nome è Dito Von Tease.

Il Dito, Ditone, Ditino, Ditozzo, Il Dì per gli amici.

È ispirato a Dita Von Teese, la famosa icona dello stile “bourlesque” una vera esperta nell’arte del travestimento.

Il suo “Teese” diventa nel mio caso “Tease”, dall’Inglese “to tease” che significa “stuzzicare”, per invitare ad una riflessione curiosa sul complicato mistero dell’identità personale …

Ed ecco anche perché, nello specifico, sono un dito indice, che chiama in causa proprio VOI e la VOSTRA identità.

 

Metto il Dito nella piaga: hai intenzione di svelare prima o poi la tua vera identità?

L’identità è il risultato di una complessa combinazione di vero e finto, individuale e sociale, naturale e culturale, reale e virtuale.

Nella cosiddetta “era digitale” le dita sono gli “strumenti” con cui maneggiamo touch screen, mouse e tastiere. Quindi, in un certo senso, ognuno di noi “si nasconde dietro un dito” mentre naviga in rete o nei social network. Dito Von Tease non è altro che la mia vera identità, ma digitale.

 

Quanto è stata importante l’apertura della FAN PAGE di Facebook per far conoscere Ditology al tuo pubblico?

La pagina fan su facebook garantisce la mia esistenza digitale. E’ la base da cui tutto parte o ritorna. Più che importante, direi vitale.

 

Quanto è importante interagire giornalmente con il pubblico di facebook?

E’ divertente. Puoi sperimentare ogni giorno il linguaggio e affinare la comicità, puoi creare tormentoni o influenzare certe scelte, puoi far crescere la tua reputazione giorno dopo giorno e farla crollare in cinque minuti con post da epic fail…

 

Raccogli informazioni e input dal social per la realizzazione di nuovi personaggi?

I personaggi che scelgo per creare le mie icone sono tratti dall’attualità, dalla storia, dall’arte, dalla politica e così via.

E i social sono sicuramente di grande aiuto per capire qual è il personaggio giusto da realizzare al momento giusto.

I più discussi in questo momento sui social sono Sara Tommasi e Povia. Non farei mai “ditratti” di personaggi del genere.

La nostra immagine è il dito dietro il quale tutti ci nascondiamo, specialmente i vip che delle loro “maschere” ci campano.

Io scelgo solo quelle maschere che hanno fatto la storia di un paese o dell’umanità intera.

 

Ti dico la verità: i tuoi personaggi sono davvero comunicativi. Non hanno bisogno di parole, descrizioni particolari. Quando li rivedi sei soddisfatto o ne modificheresti qualcuno?

Certo che li modificherei! Soprattutto i primi che ho realizzato, ma non trovo mai il tempo per farlo… come i primi Simpson disegnati male…

 

Tra loro ci sarà il tuo preferito! Qual è?

Dr. Spock tutta la vita.

 

L’ originalità di “Ditology” non è passata inosservata neanche all’estero. America, Oceania, Cina… ma dove vuole arrivare davvero questo dito? Hai realizzato già qualche progetto con Il dito?

Sul web ha fatto il giro del mondo, poi è arrivata la stampa con una trentina di articoli tra quotidiani e riviste da tutto il mondo, poi si sono interessate le radio europee con una serie di interviste, parallelamente è arrivata anche la tv con NBC, CNN, Deejay Tv e una decina di servizi da Cina, Giappone, Taiwan e Malesia.

Invitato a partecipare a Italia’s Got Talent e I Fatti Vostri ho rifiutato per decenza. Infine è arrivata l’editoria con due pubblicazioni su libri per bambini editi da Ripley’s e National Geographic e due pubblicazioni su cui sto lavorando in questi giorni. Oltre ad una serie di collaborazioni con attori e presentatori che mi hanno chiesto di essere “ditizzati”.

 

Se non mi sbaglio esiste anche un App!

Ditology Finger Portrait Creator nasce per dare a tutti uno strumento con il quale creare bellissimi e inutili “ditratti” senza limiti. Con 5.000.000 di combinazioni diverse, l’unico limite è la fantasia di chi la usa. E’ nata grazie alla collaborazione con Tinycup, una startup troppo cool di giovani sviluppatori di applicazioni Mobile e Web con sede a Bologna. Cervelli non in fuga fortunatamente…

 

Puoi puntare il dito contro qualcuno. Chi è il malcapitato?

Povia. Per favore smettila.

 

Ci dai qualche anticipazione sui tuoi prossimi personaggi “ditalizzati”?

I  Ditalians, una serie di ditratti degli italiani più celebri e amati dagli italiani e dal resto del mondo. Poi sto lavorando a Dito Gandhi, il personaggio più votato nel sondaggio che ho fatto ai miei fan sulla pagina del Dito. Lo pubblicherò a giorni e sarà il primo finger portrait deciso dal mio pubblico e non da me.

 

Sento spesso questa frase:“Ho tante idee ma non so come applicarle”. Io penso che le idee le hanno tutti e se qualcuno non sa come applicarle dovrebbe cambiare lavoro. Sei d’accordo con me?

..oppure imparare ad applicarle..

 

Charles Bukowski, diceva:”La verità profonda, per fare qualunque cosa, per scrivere, per dipingere, sta nella semplicità. La vita è profonda nella sua semplicità”.  Quanto è vero questo concetto applicato al mondo della grafica? La forza del dito è anche e soprattutto nella sua semplicità?

Disegna una faccina su un polpastrello. Più facile di così!

Io ho “solo” trovato il concetto e un’estetica cool.

 

Qui in RDG siamo amanti della grafica e della digital art. Un consiglio che daresti a tutti? Anche due se ti va.

1)   Rispettate gli altri e fatevi rispettare.

2)   Non date mai due consigli

 

VOLETE CONOSCERE MEGLIO DITO VON TEASE ? CLICCATE SU QUESTI LINK:

 

Ditology

Dito Von Tease fanpage

Ditology App

 

Di seguito una galleria di immagini!

Epic inspirational: 7 utilizzi creativi del QR CODE

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il codice qr essenzialmente e il nostro nuovo codice a barre con la peculiarità di essere fruibile da chiunque abbia un cellulare dotato di fotocamera. nei pesi “tecnologico – ossessionati”  come la Germania e la Corea i Qr code impazzano in ogni dove, ma come ogni elemento di design nella pubblicità sono efficaci solo se usati correttamente rispettando poche semplici regole:

1) I codici devono essere posizionati in modo che sia possibili acquisirli e usarli!

sembra un controsenso ma spesso mi capita di imbattermi in cartelloni pubblicitari che riportano un codice QR, il problema e che quel cartellone si trova lungo una via percorribile solo in auto e non ci sono ne parcheggi ne modo di fermare la macchina per poter scattare una foto a quel codice, quindi lo sforzo anche a livello monetario per fare quel tipo di ADV e stato totalmente sprecato. E sorprendente come lo stesso errore venga fatto per le pubblicità che trovi in metropolitana, o sugli autobus dove e impossibile avere una connessione wi-fi o dati, quindi il consiglio principale e quello di pensare in anticipo quali saranno i posti dove queste pubblicità andranno posizionate.

2) I codici devono suscitare interesse!

posizionare il codice Qr non basta, bisogna fare in modo che il pubblico sia talmente invogliato da compiere l’azione di tirare fuori il cellulare e fotografare il codice Qr, se sono un appasionato di tecnologia il semplice codice qr potrebbe spingermi a fotografarlo ma per prendere un pibblico piu ampio bisogna involgarlo magari invitandoli a partecipare a qualche concorso per vincere qualcosa.

3) Dove finisce il mio utente?

il modo più stupido in assoluto per usare un codice qr e quello di usarlo per linkarlo a un sito web che magari e spettacolare…. ma solo su un broswer desktop! Cercate sempre di farli arrivare ad una landing page ottimizzata per i cellulari se non avete un sito che sia Crossbroswer per le piattaforme mobili. Una delle cose più  frustrati nel’ “user expirence” e quella di essere chiamati a una “call to action” come si sul dire nel gergo del marketing,  e a non poterla eseguire perché non stiamo dando gli strumenti giusti per poterlo compiere.

queste poche regole se rispettate fanno in modo che i creativi riescano ad attrarre un pubblico molto vasto utilizzando in modo spettacolare i codici Qr.

Help Japan Now
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Questo annuncio, progettato per raccogliere fondi per l’impegno della Croce Rossa dopo il disastro di Fukushima in Giappone, mette il codice QR, nel cuore della Croce Rossa. Inoltre in modo intelligente mostra cosa e quanto  lavoro fa la Croce Ross inserendo immagini e icone nelle braccia della croce.

Victoria Secrets

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Victoria Secrets, e sempre stata al centro di polemiche per le sue pubblicità sempre molto sexy e trasgressive, in questa campagna l’utente è spinto dalla morbosa curiosità di sapere cosa si nasconde sotto il codice qr!…. haa i maschi, creature semplici 😉

Qr Tatoo

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trovare dei buoni tatuatori con la mano ferma non e sempre semplice, un novo studio di tatuaggi che aveva bisogno di allargare il proprio staff a ben pensato di far fare un test ad aspiranti tatuatori prima di dargli i propri dati per essere contatti.

Guiness Qr
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Questa e forse l’applicazione del qr code che preferisco in assoluto. la Guinnes famosa azienda della omonima birra scura ha creato questo boccale di birra con il codice qr che funziona solo se all interno vi è la guiness, in caso di utilizzo di una birra bionda infatti il codice diventa illeggibile. Fotografando il codice scatta la twittata con tanto di geo localizzazione e così la socializzazione cosi che se qualcuno li vicino ha usato lo stesso hashtag avrete modo di attaccare bottone.

Biglietto da visita Thorsten Röver AGD
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questo biglietto da visita della azienda Thosten Rover e composto principalmente da due parti, la prima, il biglietto da visita classico a 4 facciate dove sono presenti tutte le informazioni aziendali, la seconda parte e data da questo sottile foglietto di legno di rovere in cui e inciso un codice qr, l’azienda infatti voleva suscitare interesse sul presentare tecnologie d’avanguardia su  materiali naturali come il legno.

Fai la spesa da Tesco con il QR
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in sud corea il tempo e prezioso e spesso trovare del tempo per fare la spesa diventa difficile se non impossibile. Tesco e diventata la catena di negozi piu importante del sud corea semplicemente usando i qr code nei suoi cartelloni pubblicitari dotati di accesso wi-fi posti alle fermate della metro creando dei veri e propri negozi virtuali, a fine lavoro o finita l’università mentre aspetti la metro fotografi i prodotti che vuoi mettere nel carrello e nel tempo che tu metti per arrivare a casa un garzone dal negozio piu vicino a casa tua ti consegna la spesa direttamente sulla soglia di casa.

Il codice qr che funziona come una meridiana

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L’azienda emart in corea ha avuto la brillante idea di fare una promozione a tempo con i codice qr,  le ombre ottenute usando una costruzione in rilievo creava il codice qr che poteva essere letto solo da mezzogiorno all’una  e che distribuiva uno sconto particolare o dei regali, in questo modo l’interesse virale di utilizzare quel codice in quel determinato frangente di tempo ha fatto si di poter promuovere la loro svendita estiva!

Avete visto altri modi geniale di usare i codici Qr? fatemelo sapere nei commenti!

 

ohmiabelamadunina…

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graficamente“Le anatre depongono le loro uova in silenzio. Le galline invece schiamazzano come impazzite. Qual è la conseguenza? …che tu sia anatra o gallina non importa, l’importante è che non realizzi siti così brutti!” (Henry Ford riveduto e corrotto…)

Ciao branco di scorticati, sono BastardoGrafico. E sono qui per parlarvi di siti. Non come realizzarli, non come si fa questo css o quell’effetto flash che tanto vorreste scopiazzare. Sono qui per parlarvi di siti. Siti brutti, che quando inizi a scrivere “vùvùvù” il browser inizia a fare “bleeeahhh… ma dove cacchio stai andando?!?!?!”

Oggi voglio parlarvi di un sito che già dal nome a dominio sembra una presa per i fondelli. Ci vorrebbe la gogna mediatica per uno che mette “studiografico” nel nome e poi realizza un sito così. E’ il decalogo delle cose che NON si fanno: gif mal scontornate (esiste anche il png!), sfondo nero chepiùneronosipuò, immagini scaricate da chissà dove in bassa definizione e totalmente sgranate, clipart a gogò, testi scritti con settordicimila grandezze e colori diversi. La fiera del #nonfarlocosìperamordelcielo!

Navigando tra le sezioni in un menù partorito in un incubo espressionista, arriviamo in “alcuni lavori” dove, tra le varie chicche, troviamo quello che forse rappresenta un logo, ma che in realtà sembra un timbro. Se vogliamo dare a Cesare quel che è di Cesare, la sezione “grafica 3d” è quella che presenta dei lavori un po’ decenti. Ma è l’unico barlume in un mondo tenebrosamente #000000.

Votazione? Non pervenuta.

SBATTIMI LA PORTA IN FACCIA!

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mario busca curro

Oggi vi presento Mario Ortega. Il ragazzo dall’aspetto un po’ Geek e un po’ Nerd che vedete qui di fianco. Faccia simpatica, vi tende la mano.

È un giovane e creativo designer spagnolo che ha deciso di presentare se stesso mettendo da parte il solito Curriculum Vitae.

Ha sviluppato il suo sito personale in modo da potergli letteralmente sbattere la porta in faccia o, in caso contrario, decidere di graziarlo cliccando sul suo portofolio lavori.

 

Ecco a voi il link diretto  http://www.mariobuscacurro.com/

Questo il link del suo portfolio http://marioortega.net/

L’avete graziato? Non ci credo!

La morte fa da testimonial!

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non affidarti a chiunque

Sei seduto sulla metro. Ad un certo punto una figura incappucciata ti avvisa minacciosa: «Non affidarti a chiunque». Per la paura, seguiti a leggere: trovi un sito internet www.outletdelfunerale.it e un numero verde.

Si, è proprio la morte a fare da testimonial.

Il cartellone ti fissa e tu memorizzi. Funerali completi da 1.499 euro. Ampia scelta, risparmio e convenienza. Nel frattempo una mano si sposta nelle parti basse. Una grattatina ci sta.

 

 

L’azienda di Sesto San Giovanni con questa trovata vuole mettere in guardia i parenti dei defunti, molto spesso vittime di impresari funebri costosi. Molti in quei momenti approfittano come corvi della situazione e oltre alla sofferenza per la perdita del caro parente si aggiunge la batosta del prezzo del servizio funebre.

L’azienda: «Non andate a spendere settemila euro per una cerimonia che si può fare con molto meno. Non lasciatevi annebbiare dal dolore ma chiedete sempre un preventivo».

Sul sito potete scaricare in formato .pdf il VADEMECUM ANTITRUFFA.

Non c’è che dire: una trovata davvero singolare. Da morire dal ridere.

 

Times New Roman: “Who is my father?”

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Times New Roman

Benvenuti al quarto dei nostri appuntamenti con l’appassionante rubrica “Storie di uomini e fonts“!

Oggi vi racconterò la storia controversa di uno dei font più utilizzati in assoluto in tutto il mondo: Times New Roman e dei suoi possibili papà!

Times New Roman
Times New Roman

Si narra che la nascita di questo font sia legata alla figura di Stanley Morison. Egli infatti nel 1929 scrisse un articolo particolarmente saccente nel quale sminuiva e denigrava il carattere utilizzato dal giornale “Times“, definendolo vecchio e sgraziato. In seguito alla pubblicazione del suddetto articolo, il famoso giornale decise di affidargli il compito di creare un nuovo carattere in grado di sostituire il loro “Times Old Roman”. E fu così che sotto la supervisione di Morison e disegnato dall’abile mano di Victor Lardent che nel 1932 debuttò il celeberrimo Times New Roman.

Morison (1889-1967) aveva manifestato fin dalla giovinezza grandi capacità da designer grafico e fu senza dubbio una delle personalità più influenti del panorama tipografico del 900 inglese. Fondatore del periodico annuale “The Fleuron”, fu consigliere per i caratteri e la stampa  alla Monotype Corporation di Londra, alla University Press di Cambridge e al The Times.

Fin qui, come penserete, nulla d’insolito!

Tuttavia trent’ anni dopo il debutto del famoso font sul quotidiano londinese, alcune vicende incresciose misero in dubbio la paternità di Morison  su questo font.

Nel 1987 dopo aver comprato ciò che rimaneva dall’archivio della Lanston Monotype Corporate statunitense , il tipografo canadese Gerald Giampa, scoprì che la somiglianza del carattere Times New Roman e le bozze del font chiamato “numero 54” era veramente strabiliante! L’importanza di questa scoperta fu chiara al caro Gerald fin dal primo istante. Queste bozze potevano essere infatti  le prove di uno dei casi di plagio più scandalosi della storia della tipografia!

I documenti e gli schizzi  rinvenuti erano infatti datati ai primissimi anni del 1900 e attribuiti aWilliam Starling Burgess. Il signor Burgess fu un designer di barche. A soli 26 anni egli progettò il “suo” Times New Roman nel 1904. Dopo aver chiesto alla Lanston Monotype di realizzare i primi tipi per la stampa tipografica del suo nuovo carattere, abbandonò il progetto per unirsi ai famosi fratelli Wright nella progettazione di un velivolo.

Giampa, per trovare ulteriore conferma alla sua teoria, si rivolse allora a Mike Parker, una delle massime autorità mondiali nel campo della tipografia e della storia. Parker infatti, non solo confermò la teoria della paternità di Burgess sul font, ma si mise anche all’opera per finire e completare il carattere. La teoria della paternità di Burgess fu inoltre avvalorata dal rinvenimento di schizzi e disegni che prevedevano il corsivo del carattere da lui progettato. Come ben sappiamo (spero), il Times New Roman progettato da Morison non prevede alcun corsivo, ma solo una versione standard definita dalla Monotype.

Il carattere completo venne diffuso nel giugno del 2009 con il nome di “Starling“, il secondo nome di Burgess.

In vista di tutto ciò è davvero incredibile come per così tanti anni Burgess non abbia sollevato polemica riguardo all’uso del suo font in tutto il mondo e…come Morison non abbia mai dichiarato di aver “creato” il font.

Vi starete sicuramente chiedendo come mai questa storia risulta ancora in dubbio…

Ebbene signori, dovere sapere che  una serie di eventi tragici ha cancellato definitivamente ogni prova e indizio della storia del Times New Roman: nel 1918 un incendio distrusse il cantiere navale di Burgess, seguito dalla sua morte nel 1947, nel 1941 una bomba tedesca distrusse gli uffici della Monotype di Londra, nel 1967 Morison muore senza mai aver risposto alle domande sull’origine del font, nel 2000 la piena di un fiume ha investito la casa di  Giampa cancellando tutte le prove raccolte negli archivi della Lanston Monotype.

Ufficialmente The Times ha riconosciuto la paternità a “Stanley Morrison, Cameron Latham and perhaps Starling Burgess”. 

E voi, cosa ne pensate?

 

Tale padre tale figlio: Comic sans. Storia di un odio globale.

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Questa la sappiamo tutti:

Comic Sans entra in un bar e chiede da bere,

il barista lo guarda e dice: “Mi dispiace, ma non serviamo il tuo tipo”

( “Comic Sans walks into a bar, bartender says, ‘We don’t serve your type.'”).

Salve a tutti e benvenuti al quarto dei nostri appuntamenti “Storie di uomini e fonts“!

Come avrete già capito dall’incipit, oggi vi delizierò con la divertente e ironica storia di uno dei fonts più brutti e antiestetici di tutti i tempi, il font più odiato dai designers e il più amato dai dodicenni di tutto il mondo, ovviamente sto parlando di Comic Sans!

Vincent Connare

Ebbene signori, sapete a chi indirizzare le vostre lapidi quando un certo tipo di clienti, che non sto qui a precisare, si fissano e richiedono l’uso di questo particolare font per un progetto da realizzare? Se ignorate l’identità del suo creatore (e spero vivamente che siate davvero in pochi a non saperlo), da oggi saprete che l’origine di tutti i mali della tipografia, è da imputare al caro Signor Vincent Connare.

Vincent Connare nasce a Boston nel 1960. Designer di fonts per la Microsoft Corporation, nel 1994 crea il font incriminato. Connare aveva già creato altri caratteri, ma il colpaccio della vita, l’idea del secolo, l’intuizione che avrebbe cambiato per sempre il suo destino, pensate, partì dai “fumetti di aiuto” del famoso Microsoft Bob  (un’interfaccia user-friendly per Windows 3.1).

Microsoft Bob

Era una giornata uggiosa quando infatti, il caro Vincent trovandosi davanti al pc ebbe l’incredibile e “geniale” idea di sostituire il font delle già citate “nuvolette d’aiuto”, che per la cronaca era ilTimes New Roman , con un font più “confidenziale”, più…infantile…più…come dire…più Comic sans!

L’aspetto divertente di questa storia è che il suo font non venne mai integrato nel progetto che lo aveva ispirato, infatti per ragioni logiche e ben evidenti, la sua proposta di sostituire il Times New Roman con il Comic sans, venne rifiutata dalla Microsoft in un lampo. Tuttavia, e sfortunatamente per tutti noi, il suo nuovo carattere venne inserito nel Microsoft Plus di Windows 95, invadendo e conquistando, per certi versi, il mondo.

Vincent attualmente lavora in Uk, presso uno studio di design di font indipendente, il Dalton Maag.

Comic sans, come dichiarato dal suo creatore, nacque quindi con lo scopo di imitare i caratteri dei fumetti. Tuttavia a causa del suo eccessivo e del suo ancora “più eccessivo” sbagliato utilizzo nell’abito tipografico, questo carattere finì per diventare nell’arco di pochissimi anni, uno dei font più odiati in assoluto dagli addetti ai lavori. Talmente odiato, che nell’ottobre del 2010, i designers Dave e Holly Combs diedero inizio ad una “crociata”, creando addirittura il sito web http://bancomicsans.com/, con lo scopo di ottenere la cancellazione e l’abolizione di questo font. In risposta alla campagna, il povero Connare precisò che la sua intenzione era quella di creare e utilizzare questo font solo per software destinati a bambini, ma sappiamo tutti com’è finita!

Tra i più recenti e scandalosi avvistamenti del famigerato Comic sans, ritroviamo quello del 2 luglio 2012 quando la fisica e leader dell’ATLAS Fabiola Giannotti, ha dissacrato l’importanza dell’ultima scoperta del CERN, il bosone di Higgs, presentandosi alla conferenza stampa ufficiale con una presentazione scritta proprio in comic sans…scelta molto discutibile e inappropriata che ha fatto scattare sul web un’incredibile serie di polemiche e disappunti.

Nel chiudere questo articolo vi ricordo che ogni volta che utilizzate comic sans un designer perde le sue ali, un grafico muore e un creativo si ammala, quindi: NON USATE COMIC SANS NUOCE GRAVEMENTE ALLA SALUTE E ALLA SANITA’ MENTALE.

Vi presento John Barskerville

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Ritratto

Non sarà bello come Brad Pitt, ma senza dubbio quest’uomo è di gran lunga molto più affascinante e interessante!

Ed eccoci al secondo articolo del cliclo “Storie di uomini e fonts”.

Oggi vi presento con lauto piacere il Signor Baskerville.

Ritratto
Ritratto di John Baskerville

John Baskerville (28 gennaio 1706 Wolverley  – 8 gennaio 1775 Londra?) fu un grande uomo d’affari inglese, ricordato tutt’oggi per le sue grandi doti di tipografo. Primo editore moderno, egli cambiò radicalmente il volto della tipografia del ‘700. Sperimentatore di nuove tecniche di stampa, di nuovi inchiostri e di raffinate tecniche di legatoria, partorì dal suo magnifico genio uno dei set di caratteri più eleganti e leggibili di tutta la storia dei fonts.

Membro della Royal Society of Art, insegnante di calligrafia venne nominato nel 1758 tipografo ufficiale dell’Università di Cambridge.

Dopo la pubblicazione di una splendida Bibbia nel 1763, egli iniziò a dedicarsi con crescente attenzione al mondo dell’editoria, del quale sarà uno dei maggiori esponenti.

Uomo dalla sensibilità estetica particolarmente raffinata e in netta contraddizione con gli standard della propria epoca, John ebbe una vita poco semplice. Tentò ripetutamente di vendere i suoi caratteri alle Stamperie Reali, all’Accademia delle Scienze di Parigi e persino alle corti di Danimarca e Russia, sempre con scarso successo.

Dopo la sua morte, avvenuta in circostanze del tutto misteriose probabilmente a Londra, i suoi caratteri vennero venduti continuamente, fino da perdersene le tracce. Riemersero tuttavia durante la Rivoluzione Francese, durante la quale vennero utilizzati per la stampa di “Le moniteur universe“, dopo la quale caddero nuovamente nel dimenticatoio.

Bisognerà attendere Benjamin Franklin per  assistere alla rinascita di questi splendidi caratteri. Franklin infatti ammirava moltissimo l’operato di Baskerville e il carattere da lui ideato tanto da utilizzarlo e adoperarlo in molte pubblicazioni istituzionali. E fu proprio grazie a quest’ultime che il carattere venne introdotto negli Stati Uniti con enorme successo.

In Inghilterra solo nel 1917 la personalità di Baskerville e il suo operato vennero rivalutate grazie al consulente grafico dell’Università di Cambridge Bruce Rogers, che ne riscoprì la grandezza e il valore.

All’inizio del XX secolo le sue matrici vennero rinvenute all’interno di una tipografia Parigina e riutilizzate con gusto nel mondo della stampa contribuendo all’affermazione dei metodi monotype e linotype. Queste stesse matrici sono tutt’oggi custodite nella capitale francese, all’interno dell’Imprimerie Nationale.

Ecco dunque come il Mr Baskerville ebbe postuma la propria soddisfazione!

Promotore del valore dell’arte della tipografia basata sulla bellezza del carattere e sulla composizione ben studiata della pagina, John fu uno spirito rivoluzionario controcorrente nell’epoca in cui un bel libro, era tale, solo se arricchito da illustrazioni e pregiate rifiniture.

Chiudendo quest’articolo, che spero sia stato gradito, vi lascio con una citazione splendida e profonda di questo grand’uomo, padre dell’editoria moderna.

 

“Non è mio desiderio stampare molti libri, ma solo quelli importanti o di merito intrinseco e di sicura fama che il pubblico possa compiacersi di vedere in elegante veste tipografica e di comprare ad un prezzo che ne compensi la straordinaria cura che necessariamente si deve fissare per essi”.

(Frontespizio della sua edizione del “Paradise Lost” di Milton)

Il signor Bodoni. Storia di un uomo e di un font.

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G. Battista Bodoni
Sentir parlare di fonts nel nostro settore è cosa quotidiana. Tuttavia mi è spesso capitato parlando con alcuni colleghi, che essi non sappiano assolutamente nulla riguardo alla storia dei fonts che utilizzano e amano.

Voglio pertanto inaugurare con questo articolo, una sezione dedicata alla storia dei più eccezionali ed unici fonts che hanno letteralmente “scritto” e fatto la storia della tipografia e dell’editoria di tutti i tempi.

Oggi vi parlerò del Signor Bodoni.

G. Battista Bodoni
G. Battista Bodoni

Vi sarà certamente capitato andando in giro per la città ducale di Parma, di vedere dappertutto, e dico dappertutto, questo carattere: segnaletiche, pubblicazioni, cartelloni pubblicitari, nomi delle strade, insegne di attività e così via…una vera e propria overdose di stile, pulizia e rigore grafico. Ma non tutti sanno come la storia di questa bella città, finì per legarsi a quella di uno dei più grandi stampatori italiani di tutti i secoli.

Era il lontano XVIII secolo, quando l’allora duca di Parma Ferdinando, nominò Giovanni Battista Bodoni (Salluzzo 16 febbraio 1740 – Parma, 29 novembre 1813) responsabile e direttore della Tipografia Reale.

Giambattista (per gli amici) era stato iniziato all’arte delle tipografia e della stampa dal padre stampatore fin dalla tenera età. L’adolescenza lo vide spesso a Roma presso la tipografia della Congregazione per la Propagazione della Fede, per la quale lavorava. Dopo il suicidio del suo maestro, che dirigeva quest’ultima, egli decise di voler andare alla ricerca di fortuna in Inghilterra. Recatosi quindi a Salluzzo per salutare i suoi cari, caso volle, che colpito dalla sifilide dovette rinunciare all’idea di partire. E sarà proprio questa malattia per certi versi, la sua più grande fortuna! Una volta rimessosi in forze, il duca di Parma gli affidò infatti la gestione della Tipografia Reale della città.

Inizia per lui il periodo di massima produzione. Vengono realizzate raffinate ed eleganti edizioni di classici come ad esempio l’incredibile Oratio Dominica (1806), opera eccezionale che racchiudeva la traduzione in 155 lingue della preghiera “Padre nostro“.

Il successo delle pubblicazioni bodoniane fu principalmente legato alla qualità e all’altissimo livello di professionalità di ogni opera. Architetture perfette della tipografia, dell’armonia compositiva e dell’equilibrio. Giambattista personalmente curò nel dettaglio ogni pubblicazione scegliendo e mescolando gli inchiostri, progettando e realizzando eleganti pagine sulle migliori carte dell’epoca, e persino occupandosi dell’accurata rilegatura.

Nel 1798 quest’uomo di grande intelletto e capacità dettò inoltre le basi per la creazione dei “caratteri moderni”, progettando e realizzando l’omonimo font Bodoni. Un carattere destinato a rivoluzionare la comunità tipografica a causa del suo evidente contrasto tra le linee spesse e sottili, differenziandosi nettamente dai cosiddetti tipi “oldstyle” o rinascimentali. Ciò che rende estremamente interessante questo font, sono a parer mio, proprio le sue grazie. Sottili ed eleganti, rafforzano l’enfasi dei tratti verticali ottenendo un evidente altissimo e rigoroso livello di pulizia.

L’espressione massima dell’opera di questo grande tipografo è ammirabile nel suo prezioso “Manuale tipografico”, pubblicato postumo dopo la sua morte dalla moglie nel 1813. Una raccolta di più di 600 incisioni, ornamenti, caratteri latini ed esotici e vignette personalmente realizzate dallo stesso.

Un testamento tipografico senza pari, modello tutt’oggi di stile e abilità.

Potete ammirare i tesori dell’operato di questo uomo eccezionale tutt’oggi presso il Museo Bodoniano di Parma, all’interno del quale sono custoditi

– un migliaio di edizioni bodoniane, alcune uniche e rarissime (in seta e pergamena), che costituiscono una delle più ricche collezioni al mondo;

– il carteggio costituito da circa 12.000 lettere;

– documenti, miscellanee di prove e di saggi tipografici, specimen delle più note fonderie straniere e italiane, fogli volanti in carta e pergamena;

– lo straordinario corredo di punzoni, matrici ed attrezzi della stamperia Bodoni (forme per la fusione dei caratteri, lime, pialle, cucchiaini, etc..) per un totale di circa 80.000 pezzi;

– un torchio tipografico, fedele ricostruzione di quello usato dal tipografo saluzzese.

E per chiunque fosse interessato, ecco il link diretto del museo:

http://www.museobodoni.beniculturali.it/