Ti è mai capitato di fissare una pagina bianca di Figma pensando “e ora che diavolo ci metto qui?” Oppure di trovarti davanti a un brief che dice genericamente “qualcosa di moderno e accattivante” senza sapere da dove iniziare?
Diciamoci la verità: l’ispirazione non arriva sempre quando ne abbiamo bisogno. E spesso, quando la cerchiamo sui soliti Dribbble e Behance, finiamo per vedere sempre gli stessi pattern ripetuti all’infinito. È qui che entrano in gioco alcune gemme nascoste del web che ho scoperto (e testato sul campo) negli ultimi mesi.
Dopo 20 anni nel settore ho capito una cosa: la qualità dell’ispirazione determina la qualità del output. Non basta guardare tante cose, bisogna guardare le cose giuste. Ecco 8 risorse che uso regolarmente e che hanno salvato più di un progetto nelle mie sessioni creative.
Footer.design – Interfacce curate con ossessione maniacale
Non lasciarti ingannare dal nome. Footer.design non raccoglie solo footer, ma interfacce web pazzesche selezionate a mano dallo staff con un criterio maniacale per la qualità.
Quello che distingue questo sito da altre gallery è la cura ossessiva nella selezione. Ogni sito presente è stato valutato non solo per l’impatto visivo, ma per l’eccellenza del design dell’interfaccia nel suo complesso. Non troverai mai mediocri “filler content” qui dentro.
Cosa mi piace: La qualità è costantemente alta. Quando apri Footer.design sai che tutto quello che vedi è stato approvato da occhi esperti che la sanno lunga di UI design.
Unmatched Style – Ispirazione fuori dagli schemi
Unmatchedstyle.com è il sito dove vado quando tutti i progetti iniziano a sembrarsi. È una galleria di design web che privilegia l’originalità rispetto al “safe design”.
Non aspettarti di trovare i soliti layout a 3 colonne con CTA blu. Qui ci sono esperimenti tipografici, layout asimmetrici, interazioni inaspettate. Non tutto è applicabile a progetti corporate (ovviamente), ma è perfetto per uscire dai pattern mentali e vedere possibilità che non avresti considerato.
Attenzione: Non copiare mai direttamente da qui senza considerare usabilità e accessibilità. Alcune soluzioni sono più artistiche che funzionali.
Land-book – Landing page che funzionano davvero
Land-book.com raccoglie landing page con un criterio preciso: devono convertire. Non è solo una gallery di belle immagini, ma una raccolta di pagine che hanno dimostrato di funzionare nel mondo reale.
Ogni esempio è categorizzato per industry e obiettivo (lead generation, vendita prodotto, iscrizione app). La cosa intelligente è che puoi filtrare per colore dominante, il che è utilissimo quando hai già un brand definito e cerchi layout compatibili.
Pro tip: Studia la struttura informativa prima dell’estetica. Come organizzano le informazioni? Dove posizionano le prove sociali? Come gestiscono le obiezioni?
Httpster – Tendenze web senza tempo
Httpster.net esiste da anni ed è ancora una delle mie risorse più affidabili. È curato manualmente (si sente) e privilegia la qualità alla quantità.
La caratteristica che lo distingue è la longevità degli esempi: qui non trovi solo l’ultimo trend del momento, ma siti che hanno una qualità design che resiste al tempo. Perfetto quando lavori su progetti che devono durare anni senza sembrare datati.
La navigazione per tag è precisa e puoi filtrare facilmente per tipologia di progetto o settore.
Design Spells – Micro-interazioni che incantano
Designspells.com si concentra su quegli small details che trasformano un’esperienza digitale da “ok” a “wow”. Animazioni di caricamento, transizioni tra pagine, hover effects, micro-feedback visivi.
È il sito dove vengo quando devo aggiungere quel tocco di classe che fa percepire un progetto come premium. Ogni esempio è ben documentato e spesso include anche snippet di codice (utile per il dialogo con gli sviluppatori).
Nota importante: Le micro-interazioni devono servire l’usabilità, non solo l’estetica. Ogni animazione qui ha uno scopo funzionale preciso.
Recent Design – Freschezza garantita
Recent.design fa quello che promette il nome: raccoglie design recentissimi e tutto quello che ha a che fare con le UI su X. È aggiornato quasi quotidianamente e ti permette di stare al passo con le tendenze emergenti.
La cosa che apprezzo di più è la varietà geografica: non solo progetti USA/Europa, ma esempi da tutto il mondo. Questo ti espone a approcci culturali diversi al design che possono ispirare soluzioni inaspettate.
Ideale per clienti che vogliono “qualcosa di molto attuale” o quando lavori in settori che si evolvono rapidamente.
Viewport UI – Componenti pronti all’uso
Viewport-ui.design è più che una gallery: è una libreria di componenti UI ben progettati e documentati. Card, form, navigation, modali – tutto organizzato per facilitare il reuse.
Particolarmente utile per velocizzare la fase di wireframing e prototipazione. Invece di reinventare la ruota ogni volta, parti da componenti già testati e personalizzali per il tuo progetto.
Bonus: Molti componenti includono varianti responsive e stati interattivi, il che semplifica molto la comunicazione con il team di sviluppo.
Unsection – Sezioni web decostruite
Unsection.com prende un approccio diverso: invece di mostrarti siti completi, li scompone in sezioni funzionali. Hero sections, pricing tables, testimonials, team pages.
È estremamente pratico quando devi progettare una sezione specifica e vuoi vedere come altri hanno risolto problemi simili. La categorizzazione è chirurgica e ti fa risparmiare ore di browsing casuale.
Perfetto per progetti modulari o quando lavori con design system che prevedono componenti riutilizzabili.
Come usare queste risorse (senza cadere nella copia)
Ora che hai gli strumenti, ecco come usarli in modo professionale:
1. Analizza prima di ispirarti: Non guardare solo cosa ti piace esteticamente. Chiediti perché funziona, qual è il pattern alla base, come si integra nell’architettura dell’interfaccia.
2. Adatta, non copiare: Prendi l’idea strutturale, ma personalizzala per il tuo brand, target e contesto specifico.
3. Testa sempre: Un’interfaccia che funziona per un’app mobile potrebbe non scalare su desktop. Un design che spacca per un’azienda tech californiana potrebbe non funzionare per un’impresa familiare italiana. Context is king.
4. Documenta i tuoi preferiti: Crea delle collezioni personali per tipologia di progetto. Ti faranno risparmiare tempo nei brief futuri.
Il workflow che uso io
Quando inizio un nuovo progetto UI, seguo sempre questo processo:
Brief analysis (capire veramente cosa serve)
Research competitivo (cosa fanno nel settore specifico)
Inspiration gathering (usando questi siti)
Pattern identification (cosa funziona e perché)
Adaptation & testing (personalizzare e validare)
L’ispirazione non è il punto di partenza, ma il terzo step. Prima devi capire il problema che stai risolvendo con l’interfaccia.
Attenzione alle mode
Un ultimo consiglio da vecchio del mestiere: non inseguire ogni trend. Questi siti ti mostrano cosa è possibile fare a livello di interfaccia, non necessariamente cosa dovresti fare per il tuo progetto specifico.
Il flat design sembrava morto, poi è tornato. Gli effetti glassmorphism erano il futuro, ora si preferisce la semplicità. I gradient overlay erano ovunque, ora si punta su contrasti netti. Le mode passano, i principi di buona interfaccia utente restano.
E tu, quali sono le tue risorse di ispirazione UI preferite? Conosci già tutti questi siti o ne hai scoperti di nuovi? Scrivilo nei commenti – sono sempre curioso di scoprire nuove gemme nascoste che magari mi sono perso.
P.S. Se questo articolo ti è stato utile, salvalo e condividilo con altri UI designer della community. L’ispirazione condivisa è ispirazione moltiplicata.
Ti è mai capitato di vedere un rebrand e pensare “ah si, il solito restyling safe per non scontentare nessuno“? Ecco, quando ho visto il nuovo logo di Repsol, la prima cosa che ho pensato è stata esattamente questa, anzi in realta se devo dirla tutta la prima cosa che ho pensato è stata: “ok, niente fuochi d’artificio… ma forse è proprio questo il punto.” infatti non bisogna mai giudicare un rebrand dalla prima impressione Instagram.
Diciamoci la verità: in un momento in cui tutti si aspettavano una rivoluzione in stile Moeve (ex- Cepsa), Repsol ha fatto una scelta coraggiosa fingendo di fare quella scontata. E spoiler: ha funzionato.
Chi c’è dietro al progetto
Il dream team del rebrand: Saffron Brand Consultants (lead agency con uffici a Londra e Madrid) ha guidato strategia e design, supportati da Picnic per alcune implementazioni specifiche e dal team interno di design Repsol. La tipografia custom “Sole Repsol” porta la firma di Dalton Maag, una delle foundry più quotate al mondo (quelli di Nokia Pure e BMW Typeface, per intenderci). Un mix perfetto di strategia internazionale e execution di livello mondiale.
Before/After: dissezione tecnica di un’evoluzione chirurgica
Il logotipo: da MAIUSCOLO a umano
Il passaggio dalle maiuscole alle minuscole non è solo una questione estetica – è pura psicologia applicata. La nuova tipografia custom “Sole Repsol” (realizzata da Dalton Maag) ha curve più morbide che esprime immediatamente una minor rigidezza di come vuole farsi percepire: il brand diventa letteralmente più abbracciabile.
Dal punto di vista tecnico: la leggibilità a piccole dimensioni è migliorata del 40% circa (provate a confrontare i due loghi a 16px su mobile). Le curve aggiungono peso visivo senza aumentare l’ingombro – un trucco che molti sottovalutano ma che fa la differenza tra un logo che “tiene” e uno che scompare.
Il simbolo: da illustrazione a sistema
Il vecchio sole a bande tricolori (rosso-bianco-arancione) era iconico ma rigido. Il nuovo degradato arancione→magenta è un colpo di genio per tre motivi:
Scalabilità perfetta: da billboard a favicon, il gradiente si adatta senza perdere impatto
Differenziazione immediata: nell’ocean blu delle energy company, quel magenta ti sbatte in faccia
Futuro-compatibile: funziona su tutti i supporti digitali emergenti (AR/VR inclusi)
L’identità cromatica: codifica funzionale mascherata da estetica
Qui Saffron ha fatto la mossa più intelligente: hanno trasformato il sistema colori carburanti in un linguaggio visivo coerente. Il diésel renovable Nexa passa dal blu al magenta, collegandosi visivamente al nuovo brand core. Non è solo bello, è strategicamente geniale.
Strategia e contesto: il timing perfetto di una mossa apparentemente conservativa
Perché proprio ora?
Repsol aveva un problema: come comunicare di essere diventati multienergetic senza sembrare degli opportunisti del green-washing? La loro soluzione: evoluzione, non rivoluzione.
I numeri che giustificano tutto: 4.700 MW di rinnovabili installati, 2.500 punti di ricarica attivi, 2.7 milioni di clienti elettricità/gas. Non stanno diventando green, ci sono già diventati. Il rebrand è solo l’ultimo step.
La strategia del “contrarian”
Mentre tutti i competitor correvano verso rebranding radicali (Cepsa→Moeve, Shell che flirta con il minimalismo), Repsol ha scelto la strada opposta: “Noi non abbiamo bisogno di cambiare nome perché siamo sempre stati noi”.
Il contesto competitivo: in Spagna, dopo la mossa shock di Cepsa, Repsol rischiava di sembrare statica. Invece hanno giocato la carta dell’autorevolezza: “I giovani cambiano nome, noi evolviamo l’esistente perché siamo solidi”.
cosa funziona e cosa meno (secondo noi)
Cosa funziona DAVVERO
La coerenza storica: mantengono 39 anni di equity visivo senza sembrare vecchi
L’identità sonora: primo brand energetico con audio branding integrato nell’experience fisica (geniale per charging stations)
Il sistema esteso: dalle stazioni di servizio agli screenshot app, tutto respira coerenza
Cosa poteva essere fatto meglio
Il gradiente, seppur strategicamente perfetto, rischia di datarsi più velocemente del simbolo solido precedente. Tra 10 anni potrebbe sembrare “molto anni ’20”.
Alternativa che avrei suggerito: mantenere il gradiente come sistema colore ma sviluppare anche una versione piatta del simbolo per usi istituzionali/lunghi periodi.
Lesson learned per la community
Non sempre il cliente che chiede “qualcosa di completamente nuovo” ha ragione. A volte la mossa più coraggiosa è dire: “Il tuo brand funziona, evolviamolo intelligentemente”.
Insights per la community: 3 lezioni da rubare subito
1. L’evoluzione batte la rivoluzione (quando hai già equity)
Se il vostro cliente ha un brand riconosciuto, non fatevi sedurre dal fascino del “tutto nuovo”. A volte migliorare l’esistente è più difficile ma infinitamente più intelligente.
2. I gradient sono tornati (ma solo se fatti bene)
2024-2025 è l’anno del ritorno dei gradienti, ma attenzione: devono essere funzionali, non decorativi. Quello di Repsol funziona perché risolve problemi tecnici reali.
3. L’identità sonora non è più “nice to have”
Con l’esplosione degli ambienti ibridi fisico-digitale, chi non pensa al suono del proprio brand si sta già tagliando fuori dal futuro.
Il verdetto finale
Repsol ha fatto quello che tutti i grandi brand dovrebbero fare ma pochi hanno il coraggio di tentare: ha scelto la strada più difficile. È più facile buttare tutto e ripartire da zero che evoluzione chirurgica di un sistema consolidato.
Il risultato? Un rebrand che sembra conservativo ma è in realtà radicalmente intelligente.
E voi cosa ne pensate? Avete mai dovuto convincere un cliente che “nuovo” non significa sempre “migliore”? Nei commenti voglio sentire le vostre battaglie con i clienti che volevano “strafare” quando bastava “fare bene”.
Quando un gigante del software creativo evolve la propria identità, l’intera comunità del design si ferma ad osservare. Il recente rebrand di Adobe, sviluppato in collaborazione con Mother Design, rappresenta un caso studio eccellente di come un’azienda tecnologica possa rinnovare la propria immagine senza tradire la propria eredità visiva.
L’Approccio Strategico
Adobe ha scelto un approccio conservativo ma intelligente, preferendo un’evoluzione graduale della propria identità piuttosto che una rivoluzione completa. Questa decisione strategica si basa su diversi fattori fondamentali.
Il primo è la riconoscibilità del brand: con oltre 29.000 dipendenti e milioni di utenti in tutto il mondo, Adobe non poteva permettersi di alienare la propria base consolidata. Il secondo è legato all’heritage design: il nuovo logotipo rende omaggio al progetto originale realizzato da Marva Warnock nel 1982, mantenendo così un legame con la storia visiva e l’identità del marchio.
progetto iniziale di Marva Warnock e John Warnock nel 1982
Infine, la maturità del mercato ha avuto un ruolo determinante. In un settore in cui la fiducia degli utenti è cruciale, cambiamenti troppo radicali rischiano di generare confusione e resistenza. Adobe ha saputo cogliere questo equilibrio, puntando su un’evoluzione che combina rispetto per la tradizione e modernità
La fusione tra icona e wordmark
Il cambiamento più significativo nel nuovo sistema visivo di Adobe riguarda la fusione dell’icona “A” con il wordmark “Adobe” in un unico elemento tipografico coerente. Questa scelta porta con sé diversi vantaggi tecnici e strategici.
In primo luogo, semplifica notevolmente la gestione del sistema visivo: eliminando la necessità di trattare icona e wordmark come elementi separati, si riduce la complessità di implementazione su tutti i touchpoint, siano essi digitali o fisici.
In secondo luogo, il nuovo logotipo garantisce una maggiore coerenza visiva. Il passaggio da un’espressione basata sullo “negative space” a una basata sul “positive space” conferisce al marchio una presenza più decisa e un impatto visivo più forte.
Infine, la scelta si rivela vincente anche sotto il profilo della scalabilità: il nuovo logotipo mantiene la sua leggibilità e riconoscibilità in ogni applicazione, dalle interfacce digitali agli stampati, garantendo la massima efficacia comunicativa a qualsiasi dimensione.
Adobe Clean Display
La collaborazione con il team di type design di Adobe e MCKL Type ha portato all’evoluzione della famiglia Adobe Clean verso una versione Display. La nuova versione è specificamente calibrata per applicazioni a grandi dimensioni, mantenendo l’eleganza e la leggibilità. Tutti i product lockup utilizzano ora la stessa famiglia tipografica, creando coerenza visiva nell’ecosistema prodotti. Il typeface funziona efficacemente sia in contesti digitali che print, supportando la strategia omnichannel di Adobe diventando funzionale su tutti i touchpoint del brand.
Il potere del rosso Adobe
La nuova palette cromatica di Adobe si concentra su tre colori fondamentali: un rosso più intenso e riconoscibile, insieme al bianco e al nero. Questa semplificazione rappresenta una scelta strategica che porta vantaggi pratici significativi.
Il primo beneficio è la riconoscibilità immediata. Il rosso più saturo e definito aumenta la distintività del brand, aiutandolo a emergere in contesti altamente competitivi e a restare impresso nella memoria degli utenti.
In secondo luogo, la semplificazione della palette comporta una maggiore efficienza produttiva. Ridurre il numero di colori facilita la creazione di materiali di marketing e contribuisce a diminuire i costi di stampa, rendendo più agile l’intero processo.
Infine, la palette limitata garantisce una consistenza globale: con meno colori, è più semplice mantenere un controllo rigoroso sulla riproduzione cromatica, indipendentemente dalla piattaforma o dal fornitore coinvolto. In questo modo, il brand Adobe mantiene la propria identità visiva coerente in ogni contesto.
Il Rosso come Elemento Differenziante
In un mercato saturo di brand tecnologici che utilizzano blu e gradienti tendenti all arcobaleno, la scelta di Adobe di rafforzare il proprio rosso distintivo è strategicamente brillante e per intenderci cerca di rafforzare un immaginario collettivo che va posizionarsi in brand come Tiffany o post-it che hanno corroborato il colore nella loro identità di marca. infatti qui il colore funziona come:
Anchor Point Visivo: Punto di riferimento immediato in layout complessi
Brand Signature: Elemento di riconoscimento istantaneo
Emotional Connector: Il rosso trasmette energia, creatività e passione
The Adobe Lens: Innovazione nel Sistema Visivo
Uno dei elementi, su cui lo studio Mother Design ha messo piu enfasi è “The Adobe Lens” che in pratica non è altro che una cornice rossa che serve come contenitore visuale, apportando coerenza a tutto il sistema e simboleggiando il ruolo di Adobe come portale verso la trasformazione e la creatività.
“Per consentire il massimo utilizzo e la massima flessibilità, abbiamo definito vari comportamenti (trasformazione, inquadratura, messa a fuoco) e stati (primario, full-flood e red wash) per ‘The Adobe Lens’ ”
Mother Design.
Comportamenti Definiti: Il sistema prevede tre comportamenti (transform, stage, focus) e tre stati (primary, full-flood, red wash), garantendo flessibilità mantenendo la coerenza continua in tutta la comunicazione.
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Applicazioni Pratiche:
Highlight di contenuti chiave
Framing di elementi visivi
Creazione di hierarchy visiva
Unificazione di materiali eterogenei
Vantaggi tecnici del Lens System
Il Lens System di Adobe offre una serie di vantaggi tecnici che lo rendono particolarmente versatile ed efficace. In primo luogo, la sua modularità consente di applicarlo a contenuti di diverse tipologie, dai progetti più semplici a quelli più complessi, senza perdere la sua efficacia o coerenza visiva.
Un altro aspetto fondamentale è la scalabilità: il Lens System si adatta perfettamente sia alle applicazioni più piccole, come i contenuti per i social media, sia a quelle di grande impatto, come l’advertising outdoor. In entrambi i casi, il sistema mantiene la sua forza espressiva e la sua chiarezza.
Infine, il Lens System garantisce un’ottima implementazione digitale, integrandosi senza problemi con i framework di design già esistenti. In particolare, si armonizza alla perfezione con Spectrum, il sistema di design di Adobe, assicurando continuità e coerenza anche nell’esperienza digitale.
Integrazione con Spectrum Design System
Prima di spiegarvi come il nuovo brand system si integri con Spectrum, può essere utile ripercorrere brevemente quali sono stati i diversi design system sviluppati da Adobe nel corso degli anni. Uno dei primi esempi è stato il Spry Framework (2006-2012), pensato per semplificare lo sviluppo di applicazioni web dinamiche basate su Ajax. Successivamente, con Adobe Flex (2004-2011), Adobe si è concentrata sulla creazione di applicazioni Internet ricche di contenuti (RIA), mentre con la suite Adobe Edge (2011-2015), che comprendeva strumenti come Edge Animate e Edge Reflow, ha esplorato soluzioni per il design web moderno. Tutti questi framework hanno gettato le basi per quello che oggi è il design system Spectrum (2018-presente), sviluppato per unificare l’esperienza visiva e funzionale dei prodotti Adobe. Con l’arrivo di Spectrum 2 (2023-presente), Adobe ha ulteriormente perfezionato questo approccio, garantendo maggiore coerenza, accessibilità e adattabilità in tutte le applicazioni e i touchpoint digitali.
È da notare come i diversi sistemi abbiano spesso coesistito insieme ad altri: questo permetteva ad Adobe di essere sempre innovativa, ma creava anche delle discrepanze nel modo in cui il brand si comportava nei diversi ambienti.
Coerenza UI/UX
Il nuovo brand è stato integrato in modo armonioso con Spectrum, il framework di product design di Adobe. Questa integrazione ha portato a una revisione completa delle icone, all’introduzione di container più flessibili e a comportamenti motion unificati, creando un’esperienza utente più fluida e coerente.
Grazie ai componenti standardizzati, tutti i prodotti Adobe beneficiano ora di un’interfaccia utente uniforme che riflette la nuova identità visiva. Anche l’animazione ha assunto un ruolo importante: i comportamenti motion sono stati allineati per garantire coerenza e continuità in tutto l’ecosistema dei prodotti.
Infine, l’iconografia è stata completamente riprogettata per adattarsi al nuovo linguaggio visivo, senza compromettere la funzionalità e la riconoscibilità che da sempre contraddistinguono Adobe.
La Gestione del Change Management
il vero aspetto chiave di questo rebranding e di come sia molto Piu elaborato di quanto si pensi appare a colpo d’occhio nella implementazione operativa, infatti per questo cambiamento Adobe ha utilizzato Adobe Express per coordinare il rollout delle nuove asset attraverso tutta l’organizzazione, che ricordiamo, coinvolge oltre 29.000 dipendenti e un infinità di realtà con cui il brand si interfaccia come scuole o aziende. Questo approccio offre approfondimenti preziosi e degni di nota:
Template Lockabili: i modelli grafici o di layout, creati per rispettare l’identità visiva di un marchio, possono essere impostati in modo da non poter essere modificati liberamente. In questo modo, chi li utilizza deve necessariamente seguire le regole (guidelines) per i colori, i font e la posizione o l’uso del logo. Questo assicura coerenza e protezione dell’immagine del marchio
Centralizzazione degli Asset: tutti gli elementi grafici o i contenuti digitali sono archiviati in un sistema cloud, accessibile da chiunque faccia parte del team. Questo evita confusione o errori dovuti all’uso di versioni vecchie o non aggiornate: ogni volta che qualcuno accede, troverà sempre la versione più aggiornata e corretta.
Scalabilità Economica: sono stati fatti degli esempi molto pratici che hanno dimostrato come l’adozione di questo sistema abbia drasticamente ridotto i costi legati alla creazione dei materiali per un evento. In passato, la realizzazione di un event kit il costo era di circa 7.000 dollari. Oggi, grazie all’uso di Adobe Express, bastano solo 4 ore di lavoro per ottenere lo stesso risultato, con un notevole risparmio di tempo e risorse.
ROI del Sistema Brand
L’adozione del sistema ha portato a risultati misurabili e concreti:
Riduzione dei tempi e dei costi I video di riepilogo delle riunioni, che in passato richiedevano 3 giorni di lavoro e un investimento di 5.000 dollari, ora vengono creati in poco più di un’ora. Questo consente di risparmiare sia tempo che risorse economiche.
Maggiore efficacia nella comunicazione I video di riepilogo realizzati internamente hanno portato a un incremento del 45% nel tasso di clic (click-through rate), dimostrando un miglioramento significativo dell’engagement e della comprensione dei contenuti.
Risparmio annuale significativo Il team di demand generation, responsabile della generazione di opportunità commerciali, prevede un risparmio annuo di 104 ore di lavoro e 12.000 dollari. Questo risultato sottolinea il valore strategico e operativo dell’investimento nel sistema.
Analisi comparativa: le best practices nel rebranding aziendale
Il rebranding di Adobe presenta interessanti somiglianze con altri casi di successo nel settore tecnologico, come quelli portati avanti da Amazon e Walmart. Proprio come questi colossi, Adobe ha scelto di affinare e aggiornare la propria identità visiva, piuttosto che procedere con un completo stravolgimento. Un approccio evolutivo che ha permesso di rispettare e valorizzare la propria eredità di brand, senza rischiare di snaturare ciò che ha reso Adobe così riconoscibile e apprezzato.
Questa strategia si distingue anche per il cosiddetto “approccio anti-Jaguar”. Se ricordate bene, nel 2024 Jaguar aveva realizzato un rebranding radicale che, pur essendo interessante da un punto di vista del design, si è rivelato troppo distante dai valori evocativi del marchio trasformando il logo a qualcosa di piu consono a un azienda di moda che a una casa automobilistica di lusso. Il risultato è stato un allontanamento dei clienti fidelizzati fino ad allora, che non si riconoscevano più in quel nuovo brand, e un conseguente disinteresse da parte degli stakeholder. Adobe, al contrario, ha evitato di apportare cambiamenti drastici che avrebbero potuto generare un backlash negativo. Ha invece dimostrato grande maturità strategica, optando per un’evoluzione graduale e misurata.
Il successo di questa operazione si deve a diversi fattori chiave. In primo luogo, la fiducia che il pubblico già riponeva nel marchio ha rappresentato un solido punto di partenza. I brand considerati affidabili e ben conosciuti possono infatti trarre il massimo vantaggio da un percorso di rebranding che punti alla continuità e alla coerenza. In secondo luogo, la forte fedeltà della user base di Adobe ha reso possibile un cambiamento progressivo, senza rischiare di alienare la community. Infine, non va dimenticato che Adobe è uno strumento di lavoro per milioni di professionisti: mantenere la stabilità visiva è stato un elemento cruciale per garantire continuità e affidabilità nell’esperienza quotidiana degli utenti.
Implicazioni per la gestione dei Design System
Il rebranding di Adobe offre numerosi spunti e lezioni per i manager dei Design System. Una delle principali è l’importanza di una governance centralizzata, essenziale per il successo di un rollout in brand complessi come quello di Adobe. Inoltre, l’integrazione tra le linee guida del marchio e gli strumenti di produzione (come Adobe Express) ha dimostrato come questa sinergia possa accelerare l’adozione e ridurre al minimo gli errori. Un altro aspetto cruciale è la creazione di template scalabili e bloccabili, che rappresentano un’evoluzione fondamentale nella gestione di marchi complessi e nell’assicurare coerenza a lungo termine.
Un framework per il rebranding B2B
Dal caso Adobe emerge anche un potenziale framework di riferimento per il rebranding nel contesto B2B. Tutto parte dall’heritage audit, un’analisi accurata degli elementi del brand esistente che mantengono valore e riconoscibilità. Successivamente, è fondamentale mappare gli stakeholder per comprendere come i diversi gruppi di utenti percepiranno e utilizzeranno la nuova identità. La gradualità è un altro elemento essenziale: un’implementazione graduale permette di ridurre al minimo le interruzioni e facilitare la transizione. L’integrazione di strumenti ad hoc facilita ulteriormente l’adozione del nuovo brand, mentre la definizione di un solido framework di misurazione, con KPI chiari, permette di monitorare e ottimizzare costantemente i risultati e il ritorno sull’investimento.
Considerazioni tecniche per l’implementazione
A livello tecnico, la gestione dei file e degli asset digitali richiede particolare attenzione. Il nuovo sistema deve garantire compatibilità e ottimizzazione per formati come SVG (fondamentale per la scalabilità), PNG (per la trasparenza) e altri formati specifici per i social media. Anche i profili colore meritano un’attenzione specifica: il nuovo rosso Adobe richiede profili calibrati per garantire coerenza visiva su diversi media. La progettazione responsiva è altrettanto cruciale: “The Adobe Lens” deve funzionare in modo efficace su schermi di varie dimensioni.
Dal punto di vista della produzione cartacea, il rebranding comporta la necessità di specifiche Pantone precise per garantire fedeltà cromatica nella stampa offset. Il sistema deve inoltre funzionare su una varietà di supporti, dai cartoncini ai tessuti, e offrire opzioni di finitura come embossing o spot UV, interpretando la nuova identità visiva in modo versatile e di qualità.
Prospettive future e trend del design
Il rebranding di Adobe stabilisce anche alcuni importanti precedenti per l’industria del design. L’approccio evolutivo di Adobe suggerisce un trend verso rebranding più sostenibili e meno dirompenti, capaci di valorizzare l’eredità visiva anziché stravolgerla. L’uso integrato di Adobe Express per la gestione del brand potrebbe ispirare lo sviluppo di strumenti analoghi da parte di altri attori del settore. Un altro aspetto emergente è l’utilizzo di strumenti AI generativi per velocizzare la creazione di contenuti brandizzati, delineando una direzione interessante per il futuro del design.
Per quanto riguarda l’ecosistema Adobe, è probabile che il nuovo linguaggio visivo porti a una maggiore integrazione tra i vari prodotti dell’azienda, offrendo un’esperienza sempre più coerente e fluida. Anche la community di designer, forte e consolidata, adotterà probabilmente gli elementi del nuovo sistema nei propri progetti, influenzando ulteriormente il panorama del design. Non va dimenticato l’impatto educativo: il rebranding Adobe diventerà certamente un caso di studio standard nelle scuole di design e nelle aule di formazione.
Con il suo re brand adobe ci dà una masterclass per designer e brand manager
Il rebranding di Adobe rappresenta una vera e propria masterclass di evoluzione strategica del brand. Una riprogettazione che non fa troppo rumore… ma rimette ogni cosa al suo posto. La chiave di questo successo sta nel rispetto per l’eredità del brand: un marchio forte ha una storia che va protetta, anche durante i processi di rinnovamento. Il pensiero sistemico, che guarda alla coerenza tra tutti gli elementi, e un approccio centrato sugli utenti esistenti sono fondamentali per assicurare che il rebranding sia recepito e adottato senza traumi. Infine, l’integrazione delle linee guida con strumenti operativi, come ha fatto Adobe, semplifica l’adozione e riduce gli errori.
La lezione strategica più importante è chiara: nell’era digitale, per brand consolidati, evolvere è più efficace che rivoluzionare. Il successo di Adobe dimostra che la maturità strategica – e non la creatività fine a se stessa – è la chiave per ottenere risultati duraturi. In un mercato sempre più saturo di rebranding shock, Adobe ha scelto la strada della “confident subtlety” – e ha vinto.
CREDITI IMMAGINI E DIRITTI D’AUTORE
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Questo articolo costituisce un’analisi critica e tecnica indipendente del rebrand Adobe e non rappresenta una comunicazione ufficiale di Adobe Inc. o Mother Design.
Ti è mai capitato di guardare un brand iconico e chiederti: “Ma come fanno a rimanere sempre freschi e riconoscibili allo stesso tempo?” Se il brand in questione è LEGO, la risposta sta in una parola: sistema. E oggi parliamo proprio di questo.
Il colosso danese dei mattoncini ha appena introdotto un nuovo sistema di design, progettato per unificare la propria identità visiva su tutte le piattaforme, fisiche e digitali. Un cambiamento importante, firmato Interbrand e sviluppato con la Our LEGO Agency (OLA).
Ma perché LEGO ha bisogno di un sistema del genere? Perché ora? E, soprattutto, cosa possiamo imparare noi designer da questa mossa?
Andiamo con ordine.
Perché LEGO ha bisogno di un nuovo sistema di design?
Semplice: consistenza e riconoscibilità.
LEGO è più di un marchio, è un ecosistema che vive in mille forme: dal set fisico ai videogame, dal sito web all’app, dai social media agli spot pubblicitari e film. Per un brand con un’identità così stratificata, il rischio è quello di disperdersi, creando esperienze visive poco coerenti, e questa cosa e ancora piu importante quando lo stesso marchio va ad interagire con altri marchi con cui collabora come ad esempio la famosa collaborazione LEGO X IKEA.
Con il nuovo sistema, LEGO mira a standardizzare il proprio linguaggio visivo, garantendo che ogni interazione—che sia un banner promozionale, un’illustrazione su una scatola o un’interfaccia digitale—sia subito riconoscibile come LEGO.
Ma attenzione: standardizzare non vuol dire limitare. Il nuovo sistema è pensato per essere flessibile, adattandosi ai diversi formati e piattaforme senza perdere coerenza.
Perché proprio ora?
Negli ultimi anni, LEGO ha vissuto un’evoluzione importante, trasformandosi da “semplice” produttore di giocattoli a un vero e proprio colosso dell’intrattenimento.
Serie TV, film, videogame: LEGO è ovunque.
Il pubblico è sempre più digitale e sempre meno legato al solo mattoncino fisico.
L’identità del brand deve tenere il passo, garantendo un’esperienza unificata sia su schermo che nella realtà.
In altre parole, LEGO ha capito che non basta più avere un logo forte e riconoscibile: serve un intero sistema visivo, un framework che permetta a ogni designer, illustratore e sviluppatore di lavorare all’interno di regole ben definite, senza però soffocare la creatività.
Come si traduce tutto questo in pratica?
Qui entra in gioco il LEGO Brick Pro, un sistema tipografico e visivo progettato per replicare digitalmente l’esperienza LEGO.
130 glifi personalizzati, ispirati alla modularità dei mattoncini.
Un linguaggio visivo ispirato ai fumetti, con balloon, vignette e lettering dinamico per facilitare la narrazione visiva.
Un sistema di Action Graphics, pensato per mantenere il tono giocoso del brand senza sacrificare la leggibilità e la coerenza.
La scelta di ispirarsi al linguaggio dei fumetti non è casuale: i bambini, grazie ad essi, ancora oggi imparano a leggere, quindi è fondamentale offrire strumenti visivi che supportino la comprensione senza bisogno di troppe parole.
L’uso di minifigure, vignette, fumetti e “Action Graphics” offre strumenti visivi che permettono ai bambini di creare e narrare le proprie storie, facilitando un’esperienza di gioco più immersiva e personale.
Cosa possiamo imparare noi designer?
Se sei un giovane designer (o un professionista navigato in cerca di ispirazione), ci sono almeno quattro lezioni chiave da prendere da questa mossa di LEGO.
1. Un sistema è più potente di un singolo design
Non basta creare un bel logo o un’interfaccia accattivante: un brand forte è quello che ha un sistema visivo coerente che si adatta a qualsiasi supporto.
2. La coerenza visiva non significa rigidità
Il miglior design system è quello che fornisce linee guida chiare, ma lascia anche spazio alla creatività. LEGO non ha imposto un’estetica rigida, ha creato strumenti per costruire un’identità sempre riconoscibile.
3. Pensare in termini di esperienza, non solo di estetica
Ogni interazione con un brand è un’esperienza: dal packaging al sito web, dalla pubblicità al gioco vero e proprio. Un buon designer deve pensare in ottica di user experience globale, non solo di grafica.
4. Studiare i brand che innovano è il miglior esercizio di design
Se vuoi crescere come designer, studia i sistemi visivi dei grandi brand. LEGO oggi sta facendo scuola, e vale la pena osservare il loro approccio per capire dove sta andando il branding nel futuro.
LEGO ci insegna a progettare pensando al domani
Questo nuovo sistema non è solo un aggiornamento estetico, ma un cambio di mentalità, l’azienda sta investendo sul futuro, creando un framework visivo che possa evolversi con il brand, mantenendo coerenza e adattabilità.
Come da tradizione, Pantone ha rivelato il colore dell’anno per il 2025: PANTONE 17-1230 Mocha Mousse, una calda tonalità di marrone che promette di essere il simbolo di comfort, connessione e indulgenza “ponderata.” Tuttavia, nonostante le intenzioni altisonanti, questa scelta ha scatenato un mix di indifferenza, sarcasmo e qualche risata sui social media, sottolineando una realtà interessante: forse il mondo non sta più aspettando con ansia il “colore guida” dell’anno.
Ogni dicembre, l’attesa per l’annuncio del Pantone Color of the Year è palpabile—o almeno, lo era. Quest’anno, però, l’attenzione verso questa tradizione sembra essersi dissolta come una mousse troppo soffice. Mocha Mousse (Pantone 17-1230), un marrone caldo e discreto, è il prescelto per il 2025, ma la sua accoglienza è stata tutto fuorché calorosa.
Cosa Rappresenta Mocha Mousse Secondo Pantone
Secondo il Pantone Color Institute, Mocha Mousse è un marrone “lussureggiante ma senza pretese,” pensato per evocare il calore sensoriale di cioccolato e caffè. Leatrice Eiseman, direttrice esecutiva dell’istituto, lo descrive come un colore che “estende la percezione dei marroni dall’essere umili e radicati fino ad abbracciare aspirazioni e lusso.” Laurie Pressman, vicepresidente dell’istituto, aggiunge che il colore risponde al desiderio di armonia e benessere, offrendo un antidoto ai ritmi frenetici della vita moderna.
Leatrice Eiseman, direttrice esecutiva del Pantone Color Institute, ha dichiarato:
“Mocha Mousse esprime un livello di riflessione indulgente. Sofisticato e lussureggiante, ma al contempo un classico senza pretese.”
Dietro la scelta, Pantone sostiene ci sia il desiderio globale di comfort e semplicità, un ritorno a piaceri quotidiani che possano portare stabilità in un mondo complesso. Insomma, Mocha Mousse si propone come una coccola cromatica, un rifugio visivo in un mondo incerto. Un bel discorso, ma è bastato poco perché internet trovasse motivi per ridimensionare la solennità dell’annuncio.
Come Mocha Mousse È Stato Accolto Online
La Reazione dei Social Media
La presentazione di Mocha Mousse è stata accolta con un coro di commenti sarcastici:
Su Twitter, molti hanno paragonato il colore a qualcosa di meno poetico, con frasi come: “Sembra gelato al cioccolato sciolto o… qualcos’altro”.
Reddit, nella sua classica ironia, ha soprannominato Mocha Mousse “il colore ufficiale del mix per brownie non cotto.” e ci sono andati abbastanza leggeri.
Alcuni hanno sottolineato che il colore sembra più adatto a rappresentare un “generico disagio esistenziale” piuttosto che una visione ispirata per il futuro.
“Pantone pensa davvero che un marrone triste sia quello di cui abbiamo bisogno nel 2025?” si è chiesto un utente.
Altri hanno ironizzato: “Sembra una dichiarazione politica—la versione cromatica del ritorno alle tradizioni conservatrici.”
altri hanno sarcasticamente detto che “anche per pantone il 2025 sarà un anno di“…. vabbè lo avete capito da soli.
Un Problema di Tempismo?
A differenza di annunci precedenti, come il vibrante Viva Magenta (2023) o il morbido Peach Fuzz (2024), l’energia intorno a Mocha Mousse sembra meno vivace. Non ci sono stati grandi proclami né dibattiti accesi. dal suo pantone ha fatto tutta la sua presentazione in maniera perfetta come negli anni scorsi, ma perfino la community dei designer, che tradizionalmente accoglie l’annuncio con entusiasmo (e un pizzico di polemica), questa volta sembra essersi limitata a qualche meme di circostanza.
Un Colore che Riflette un Mondo Stanco?
Alcuni critici, però, hanno riconosciuto il valore culturale di Mocha Mousse. Charnaie Gordon, scrittrice e sostenitrice della diversità, ha elogiato la scelta, vedendola come un omaggio al “calore e alla ricchezza delle tonalità melaniche.” Per lei, Mocha Mousse rappresenta resilienza, bellezza e profondità.
Tuttavia, la domanda rimane: questa scelta parla davvero al pubblico creativo? Con meno entusiasmo rispetto agli anni precedenti, sembra che nemmeno i designer sentano più la necessità di un “colore guida” da parte di Pantone.
Perché Pantone Ha Scelto Mocha Mousse?
Pantone basa le sue scelte sull’analisi di trend globali, osservando tutto, dalla moda al design, dalla tecnologia ai cambiamenti sociali. La scelta di un marrone caldo riflette il ritorno a una palette più naturale, una reazione agli ultimi anni segnati da incertezze economiche e cambiamenti climatici.
Tuttavia, è lecito chiedersi: questo colore parla davvero allo spirito del tempo? Oppure è solo una tonalità neutrale abbastanza sicura da non alienare nessuno? L’obiettivo dichiarato di Pantone è ispirare, ma Mocha Mousse sembra più un colore “confortevole” che visionario.
Una Tradizione Che Perde Forza
Da quando Pantone ha iniziato a eleggere il “Colore dell’Anno” nel 2000, l’iniziativa ha spesso influenzato moda, arredamento e design. La tradizione del Color of the Year aveva un tempo il potere di galvanizzare interi settori: dalla moda al design d’interni. Very Peri (2022) e Viva Magenta (2023) erano audaci e stimolanti. Peach Fuzz (2024) ha già iniziato a smorzare l’entusiasmo. Ma nel 2025, sembra che questo rituale annuale abbia perso un po’ del suo mordente. La sobrietà di Mocha Mousse, unita alla tiepida accoglienza online, potrebbe indicare che nemmeno i designer o i creativi sentano più il bisogno di un colore di riferimento. Con Mocha Mousse, sembra che la tradizione stessa abbia perso vigore, come se Pantone stesse cercando di accontentare tutti senza ispirare davvero nessuno.
Un’Indulgenza Superflua?
Forse il problema non è il colore, ma l’idea stessa del “Colore dell’Anno.” In un’epoca in cui le tendenze si creano e si diffondono organicamente, l’idea di una singola tonalità guida sembra anacronistica. Pantone continuerà sicuramente con questa tradizione, ma la domanda resta: a chi importa davvero?
Forse il problema non è tanto Mocha Mousse quanto il concetto stesso di Color of the Year. In un mondo in cui i creativi trovano ispirazione ovunque, la necessità di un’autorità cromatica potrebbe essere diventata obsoleta.
Forse, e questo è un pensiero audace, nemmeno i designer sentono più l’esigenza di avere un colore guida da parte di Pantone. E con questa prospettiva, Mocha Mousse non è solo il colore del 2025—potrebbe anche essere il simbolo della fine di un’epoca.
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Le Olimpiadi di Parigi 2024 sono ormai alle porte, e la BBC Sport ha deciso di celebrare l’evento con un incredibile spot animato che ha lasciato tutti senza fiato. Intitolato “Fall in love with the Paris 2024 Olympic Games”, questo video non è solo una presentazione della programmazione olimpica, ma una vera e propria dichiarazione d’amore per la città di Parigi e per lo spirito olimpico.
Un Viaggio Animato Attraverso Parigi
Realizzato da Nexus Studio e diretto dal talentuoso FX Goby, il film d’animazione di 60 secondi mescola le immagini romantiche e iconiche di Parigi con la passione e la determinazione degli atleti olimpici. La palette di colori utilizzata, dominata dalle tonalità del blu e del rosa, riflette perfettamente il brand Paris 2024, creando un’esperienza visiva che è al contempo nostalgica e vibrante.
Nel video, lo spettatore viene condotto in un tour vorticoso attraverso alcuni dei luoghi più riconoscibili della capitale francese: dalla maestosa Torre Eiffel alla storica Cattedrale di Notre Dame, passando per la cupola del Pantheon e le pittoresche colline di Montmartre con vista sulla Senna. Ogni scena è un tributo alla bellezza di Parigi e al fervore sportivo che caratterizza i Giochi Olimpici.
La Magia della Musica
A rendere il tutto ancora più emozionante è la colonna sonora: la celebre canzone “Hymne à l’amour” di Edith Piaf. La scelta di questo brano non è casuale; il suo testo e la sua melodia evocano un profondo senso di amore e appartenenza, amplificando l’impatto emotivo delle immagini e trasportando lo spettatore in un’atmosfera di pura magia.
Reazioni Contraddittorie
La campagna ha suscitato reazioni diverse tra il pubblico francese. Mentre alcuni criticano la rappresentazione idealizzata di Parigi, sostenendo che gli spettatori dei Giochi potrebbero trovarsi di fronte a una realtà molto diversa, altri lodano la bellezza e l’eleganza dello spot, rammaricandosi solo che sia stato prodotto dalla BBC e non da un’emittente francese.
Tra le critiche più accese, i parigini hanno espresso preoccupazione per l’uso della Senna, un fiume notoriamente inquinato, come location per alcune gare. Per dimostrare la sicurezza del fiume, il sindaco di Parigi si è addirittura tuffato nelle sue acque, cercando di convincere i cittadini della non pericolosità della Senna. Questo gesto, seppur simbolico, non ha convinto tutti e ha alimentato ulteriormente il dibattito.
Con questo spot, la BBC Sport non solo conferma il suo ruolo di official broadcaster dei Giochi Olimpici di Parigi 2024, ma regala anche al mondo una visione incantata di una delle città più amate al mondo. È un tributo che celebra lo spirito sportivo e la bellezza della città ospitante, invitando tutti a “innamorarsi” dei Giochi Olimpici di Parigi 2024.
Se vuoi vedere il video e lasciarti trasportare dall’emozione, clicca qui .
E tu, cosa ne pensi di questa campagna? Lascia un commento qui sotto e facci sapere la tua opinione!
Le Olimpiadi di Parigi 2024 sono alle porte, e Coca-Cola ha svelato un nuovo design per le sue lattine in onore dell’evento. Questo innovativo design celebra l’essenza delle Olimpiadi: l’unità e la collaborazione. Utilizzando il simbolo universale dell’abbraccio, Coca-Cola invita il mondo a unirsi nello spirito dei giochi, superando le barriere e abbracciando la diversità.
Un Simbolo di Unità Globale
Il nuovo design di Coca-Cola non è solo esteticamente piacevole, ma carico di significato. Dopo anni di isolamento e distanziamento sociale a causa della pandemia, l’abbraccio rappresenta il ritorno alla normalità, alla comunità e alla connessione umana. Le lattine, quando affiancate, formano un abbraccio, simbolizzando come l’unione e la vicinanza possano creare qualcosa di straordinario.
Una Campagna Pubblicitaria Che Tocca il Cuore
Oltre alle nuove lattine, Coca-Cola ha lanciato una campagna pubblicitaria che esprime perfettamente il messaggio di unità. Protagoniste dello spot sono le campionesse olimpiche di nuoto Tatjana Schoenmaker, Lilly King, Annie Lazor e Kaylene Corbett. Nonostante la loro rivalità sportiva, lo spot le mostra unite in un abbraccio caloroso, celebrando lo spirito inclusivo e di supporto delle Olimpiadi.
Lo spot mostra Tatjana Schoenmaker che avvista Lilly King, Kaylene Corbett e Annie Lazor e si avvicina per abbracciarle. Questo gesto ispira una spettatrice tra il pubblico a fare lo stesso con un venditore sugli spalti, scatenando un effetto a catena di abbracci in tutto lo stadio, nelle strade di Parigi e nel mondo. Il video si conclude con due astronauti che si abbracciano nello spazio, unendo simbolicamente il mondo intero.
Design Innovativo e Artisti Talentuosi
Coca-Cola ha collaborato con artisti francesi di talento come Laura Normand, Aurélia Durand e Bruno Mangyoku per creare tre design unici. Ogni artista ha interpretato l’abbraccio in modo diverso, dando vita a lattine che, affiancate, formano un abbraccio completo. Questo design non solo celebra le Olimpiadi, ma incoraggia anche la condivisione e la connessione tra le persone.
Un Progetto di WPP Open X e Ogilvy
La campagna, parte della collaborazione di lunga data tra Coca-Cola e il Movimento Olimpico, è stata sviluppata da WPP Open X e guidata da Ogilvy. Questo team ha saputo catturare l’essenza delle Olimpiadi e il messaggio di unità e inclusività, creando una campagna che non solo celebra l’evento sportivo, ma ispira anche un sentimento di connessione globale. Le storie dietro i design saranno amplificate attraverso OOH, social media e punti vendita in tutto il paese.
“Ciascuno di noi ha la propria storia,” dice Islam ElDessouky di The Coca-Cola Company. “Le nostre differenze sono ciò che ci rende unici, ma quando ci uniamo, è lì che avviene la vera magia. Abbiamo voluto incarnare questo spirito in tutti i punti di contatto della nostra esperienza e fare dell’abbraccio di Coca-Cola il simbolo per Parigi 2024, elevando i nostri contenuti in modi dinamici e coinvolgenti che risuonano con i fan in visita nella città e oltre.”
Nel mondo del design, presentare un concept a un cliente è un momento cruciale. Non si tratta solo di mostrare il proprio lavoro, ma anche di comunicare efficacemente la visione, la strategia e i dettagli del progetto. Ecco una guida passo passo per garantire che il cliente comprenda e apprezzi il valore del tuo lavoro, basata su consigli ed esperienze di esperti del settore.
1. Cattura l’attenzione fin dall’inizio
Elemento visivo forte: Inizia con un’immagine o un mockup che rappresenti l’essenza del progetto. Deve essere visivamente accattivante e rappresentativo del tuo lavoro.
Titoli accattivanti: Usa titoli chiari e coinvolgenti per delineare l’obiettivo del progetto.
Introduzione incisiva: Fornisci una breve introduzione che chiarisca immediatamente gli obiettivi del progetto.
2. Racconta una storia
Struttura narrativa: Inizia presentando il problema, spiegane l’importanza e poi introduci la tua soluzione. Questo approccio aiuta a coinvolgere il cliente e mostra il pensiero strategico dietro il design.
Empatia: Dimostra di comprendere le sfide e le esigenze del cliente, creando una connessione emotiva.
3. Mostra il prodotto finale
Anteprima: Prima di entrare nei dettagli, fornisci una visione chiara del prodotto finale attraverso mockup o prototipi. Questo aiuta il cliente a visualizzare immediatamente il risultato.
4. Usa dati visivi
Rappresentazioni grafiche: Utilizza grafici, infografiche e diagrammi per presentare i dati in modo chiaro e comprensibile. Strumenti come Google Survey o Figma possono essere utili per creare questi elementi visivi.
Professionalità: I dati visivi aggiungono un tocco professionale alla tua presentazione e rendono le informazioni più accessibili.
5. Racconta il processo
Design thinking: Spiega il processo che ti ha portato alla soluzione finale. Descrivi le fasi del tuo lavoro, gli strumenti e i metodi utilizzati.
Ispirazione: Condividi le fonti di ispirazione e il flusso di coscienza che ha guidato le tue scelte di design.
6. Incorpora feedback e test
Usabilità: Parla dei test di usabilità e delle interviste agli utenti. Mostra come il feedback ha influenzato il tuo lavoro.
Ricerche reali: Dimostra che il tuo design è basato su dati reali e tiene conto delle esigenze degli utenti finali.
7. Sii preparato a riflettere e adattarti
Apprendimento continuo: Ogni progetto offre opportunità di apprendimento. Mostra che sei capace di riflettere sui feedback e di adattare il tuo lavoro di conseguenza.
8. Usa la creatività per mantenere l’attenzione
Elementi visivi: Incorpora immagini accattivanti, utilizza il colore e gioca con la tipografia per rendere la presentazione dinamica e interessante.
Varietà: Alterna tra diversi tipi di contenuti per mantenere l’interesse del cliente.
9. Presenta soluzioni, non solo design
Problem-solving: Oltre a mostrare il design, spiega come esso risolve specifici problemi del cliente o soddisfa le esigenze degli utenti.
Valore aggiunto: Identifica e risolvi criticità nascoste, dimostrando che il tuo design supera le aspettative del cliente.
10. Concludi con una call to action
Chiamata all’azione: Termina la presentazione con una chiara indicazione di cosa deve succedere dopo, che sia avanzare alla fase successiva del progetto, discutere dettagli finanziari o raccogliere ulteriori feedback.
Presentare un concept di design in modo efficace richiede competenze specifiche che vanno oltre il semplice mostrare il proprio lavoro. Richiede narrazione, pensiero critico, uso efficace dei dati, riflessione e, soprattutto, una profonda comprensione del cliente e del suo pubblico. Seguendo questi passi, riuscirai a creare una presentazione che non solo impressionerà il cliente, ma che risuonerà profondamente, convincendolo della validità della tua soluzione.
Pubblicato da Counter-Print
Optic: effetti ottici nel design grafico
“Optic” esplora il ponte tra l’arte Op degli anni ‘60 e il design grafico contemporaneo. dinamismo, energia e vitalità si fondono nelle pagine di questo viaggio ottico, rivelando sperimentazioni ed esiti inaspettati. Un’avventura attraverso 200 pagine di effetti ottici che hanno modellato il linguaggio del design. “Optic”: il tuo invito a distinguere, imparare e innovare nel design grafico.
Perché le illusioni ottiche affascinano tanto i designer grafici? Questi effetti sono spesso presenti in amati design di libri, packaging e branding in tutto il mondo. Nel suo ultimo libro, intitolato “Optic”, Counter-Print si immerge a capofitto in questo affascinante ambito dell’arte e del design.
Scritto da Katy Cowan il 13 luglio 2023, “Optic” è una lettura imprescindibile per ogni creativo attento che desidera approfondire la conoscenza dell’Op Art di metà anni ’60 e il suo impatto continuativo sul linguaggio del design grafico, forse più di qualsiasi altro movimento.
Ricco di ispirazione, il libro copre tutto, dalle strutture periodiche e sistemi interrotti al rilievo, dagli oggetti impossibili alla diffusione e all’illusione isometrica. Ogni sezione rivela le forme uniche e le tecniche che i designer di talento impiegano per creare immagini mozzafiato.
Come ci si aspetta da Counter-Print, il libro è un vero e proprio banchetto di intuizioni, contenendo interviste con artisti e studi di primo piano come Abby Haddican, Daughter, Toko, Classmate, Mainstudio, Manifiesto, Study LLC., Burrow e Parker Studio, tutti pronti a condividere di più sulle loro carriere e sull’uso delle illusioni ottiche nel loro lavoro.
“Le illusioni ottiche possiedono un’attrazione magnetica per i creativi, e non c’è da meravigliarsi,” spiega Jon Dowling, co-fondatore di Counter-Print. “Prendiamo, ad esempio, il Woolmark, un uso esemplare ed elegante dell’Op Art nel design grafico, ideato dal designer italiano Franco Grignani e lanciato in Gran Bretagna nel 1964. Questa creazione iconica esemplifica il potere affascinante delle illusioni ottiche.
“Andando più a fondo nell’epoca, troviamo numerosi design con una forte influenza Op, come l’identità delle Olimpiadi di Messico 1968 di Lance Wyman e il logo dei Giochi di Monaco 1972 di Otl Aicher. Questi design dimostrano vividamente come l’Op Art abbia ispirato e modellato il design grafico, lasciando un segno indelebile nelle menti creative.”
“Optic” segue i popolari titoli “Big Type” e “Mascot” di Counter-Print, rilasciati l’anno scorso, dove l’editore esamina a fondo un tema unico nel regno del design grafico e dell’illustrazione. “Ci piace molto esplorare temi che non solo stimolano la nostra curiosità ma risuonano anche con l’output visivo dei designer,” racconta Jon a Creative Boom.
Un tema ricorrente in “Optic” che spicca è l’importanza del bianco e nero nella creazione di effetti ottici. “È evidente che storicamente, molte opere ben note nell’ambito dell’arte ottica sono state create prevalentemente in bianco e nero. Lo stesso vale oggi, e ci sono due ragioni principali dietro questa scelta,” afferma Jon. “In primo luogo, il solo bianco e nero hanno il potenziale per ottenere un’ampia gamma di effetti ottici. Escludendo il colore, gli artisti possono concentrarsi sulla manipolazione dei toni e dei contrasti per produrre le illusioni visive desiderate. Rimuovere le complessità associate al colore permette un’esplorazione più diretta del fenomeno ottico in gioco.
“In secondo luogo, il contrasto tra bianco e nero porta con sé un’intrinseca drammaticità e dinamismo. Possiede un impatto visivo che supera l’uso del colore. Questo contrasto elevato aiuta a rendere le forme distinte e ben definite, cruciale per che certi effetti ottici vengano efficacemente trasmessi.”
Ci sono molti altri esempi all’interno di “Optic” che dimostrano l’influenza continua dell’Op Art sul design contemporaneo. Un caso è il lavoro di Underline per Halo, un birrificio e taproom che è stato piuttosto avventuroso nel suo branding.
“Il lavoro di Underline per Halo prende le ricette tradizionali di stili di birra rari e sperimenta con gli ingredienti, quindi l’uso dell’illusione ottica e la sua natura sperimentale sono molto appropriati,” dice Jon. “I designer sono stati ispirati dall’obiettivo di distinguere Halo dagli altri birrifici artigianali creando un sistema di marca e etichette che sfidano il linguaggio visivo comune nell’industria. Volevano catturare la natura avventurosa e non convenzionale del birrificio attraverso i loro design. Penso che l’Op Art, in questo contesto, funzioni molto bene per trasmettere il messaggio del marchio.”
“Naturalmente,” ammette Jon, “è sempre difficile selezionare un singolo lavoro quando si compilano libri come questi, e ci sono molti altri esempi che i designer troveranno utili e coinvolgenti. Spero che il lettore possa percepire l’ampiezza delle possibilità che l’illusione ottica può portare al loro lavoro,” aggiunge Jon.
“In definitiva, speriamo che i designer acquisiscano una comprensione e un’apprezzamento della ricca storia e dell’influenza dell’Op Art nel design grafico. Questo libro mira a esaminare gli effetti ottici presenti nel design grafico moderno, distinguendo le varie forme e mostrando come l’Op Art abbia iniettato dinamismo, energia e vitalità nel linguaggio del design grafico. Alla fine, speriamo che i designer traggano ispirazione e un più profondo apprezzamento per l’influenza dell’Op Art.”