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venerdì, Ottobre 11, 2024
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L’incredibile arte dietro Spider-Man into the Spider-Verse

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Il vincitore dell’Oscar per il miglior film d’animazione di quest’anno combina stili artistici tanto diversi quanto i molteplici universi da cui provengono gli eroi del film!

La vera bellezza dietro a Spider-Man: Into the Spider-Verse è che sembra un dannato libro a fumetti VIVENTE. È vibrante, audace e pieno di tecnologia d’animazione all’avanguardia che ha contribuito a promuovere la sua stessa estetica inventiva.

E succede proprio in questo momento storico dove i critici dei film si erano affacciati a questo nuovo film pensando di riutilizzare la saccente frase “non c’è nulla di nuovo per il film sui supereroi” rimettendoli, con quattro schiaffi di bellezza digitale, al loro posto! (oh yeah baby, what’s up danger!)

Il nuovo film animato di Sony ha conquistato immediatamente il pubblico (per non parlare dei giurati che lo hanno premiato sia ai Golden Globes che ai Critics ‘Choice Awards e infine agli Oscars) con il suo stile visivo vibrante e non ortodosso, ampiamente riconosciuto come un ritorno alle origini di l’estetica vintage dei fumetti.

Ma il raggiungimento di un aspetto distintivo con una base nella vecchia scuola richiedeva alcuni progressi tecnologici della nuova scuola e un team di artisti digitali con l’abilità di ridurre lo spazio tra i due fino a scomparire completamente.

Se i vostri Sensi di ragno sono attivi in questo momento vi avranno già avverti di un imminente pericolo quello degli “SPOILERS” se non avete già visto il film, in quanto ci inoltriamo profondamente nei dettagli della storia, oltre che dello stile, quindi continuate a leggere a vostro rischio e pericolo.

Spider-Man: Into The Spider-Verse non è il tipico film di Spider-Man. tanto per cominciare, è incentrata su un nuovo arrampicamuri, Miles Morales, che sta facendo i conti con i suoi poteri dopo essere stato morso da uno strano aracnide, e sente il peso di proteggere il mondo che ama dopo averlo promesso ad un Peter Parker in fin di vita e di conseguenza senza una guida a cui affidarsi, ritrovandosi poi davanti una serie di altri Spider-Men, Spider-Women, spider-bot e beh Spider-maiali, che vengono riuniti dopo il collasso di un acceleratore dimensionale creato da Octavia Otto sotto gli ordini del vero cattivo di turno: Kingpin!

E perché siamo qui a parlarne? Beh, ciò che Miller, Lord, Rothman e gli altri colleghi co-direttori Bob Persichetti e Peter Ramsey hanno fatto è una rivelazione e una rivoluzione tecnicistica sotto ogni punto di vista, dando al animazione nuova linfa rispetto al ormai consolidato stile “disney-pixar” a cui tutti sembrano essersi conformati. Hanno realizzato forse il primo film che, dall’inizio alla fine, è come se fosse saltato fuori dalla pagina di un fumetto, mescolando tecniche di animazione vecchie e correnti, sia digitali che analogiche, per rendere sottilmente ogni singolo scatto del film, una vignetta di un fumetto anche se non è fermo. A livello puramente visivo è di una bellezza assurda.

I colori sono appositamente studiati per dare il giusto tono a ogni scena pur mantenendo il contrasto rosso/blu tipico dello Spider-man originale, fateci caso! Spesso sembra di guardare un film in 3D senza gli occhialini ma non dà fastidio, anzi, affascina.

Miles è un ragazzo di tredici anni che vive a Brooklyn, il cui padre è afroamericano e madre portoricana, la loro casa sembra riflettere il melting pot che è la sua famiglia: troviamo colori vibranti ed eclettici che sono presenti su ogni mobile e sulle pareti. Il suo quartiere è energico e rafforza la diversità culturale espressa visivamente a casa; ma quando la situazione cambia e Miles diventa conscio non solo dei suoi poteri ma del mondo intorno a lui più grande e più minaccioso (un Goblin gigante, una macchina pericolosa e dalle dimensioni enormi, ed infine un nemico potente) anche la scala cromatica cambia, includendo i tuoni cupi che non erano presenti prima, insomma i colori ci guidano anche in questo a vedere il tutto dal punto di vista di Miles, un 13enne che deve affrontare sfide più grandi di lui!

Troviamo anche renderizzato su schermo il processo di stampa offset dei fumetti, un tratto grafico che è prominente in tutto il film d’animazione e che letteralmente rende tutto il film più “tattile”

A proposito di tattile, ai fan del fumetto americano non sara sfuggito il simbolo del “Comics Code Authority” (creato nel 1954) all’inizio della sigla, beh, sappiate che non è li per sola bellezza, infatti quel simbolo è destinato a tutte le opere di fumetti che rispettano il codice auto imposto dagli editori di fumetti: proibisce la raffigurazione di sangue, violenza e sessualità esplicita; richiede inoltre che le autorità non siano mai ridicolizzate e che i buoni dovessero sempre vincere, guai a far vincere i socialisti russi!

Come detto in precedenza il Il team, guidato dal supervisore degli effetti visivi Danny Dimian, iniziò prendendo spunto da processi di stampa vecchi e rudimentali, in cui, ad esempio, si usava la retinatura per riempire la pagina e risparmiare sul colore di stampa, oppure limitando la tavolozza dei colori, hanno utilizzato anche la tecnica di un inchiostratore denominata semitono, in cui punti e motivi di colore in diverse dimensioni trasmettono ombra e luce.

Il passo successivo consisteva nell’eliminare il software di animazione moderna di smoothing per rendere le scene generate al computer come se fossero state scattate con una fotocamera. Al suo posto, hanno usato tecniche di disegno come linee ondulate e colori spalmati per indicare il movimento. In alcuni casi, hanno volutamente rallentato i fotogrammi, replicando il leggero ritardo tipico degli stop-motion e degli anime: alcune scene sono state girate a 12 fotogrammi al secondo invece che a 24, proprio per dare un’impressione diversa, di distacco. L’uso di animare “a due” è stata anche una scelta tecnica per dare più incisioni a certe scene. Spiegone veloce: l’animazione a passo 1 e quella a cui si fa corrispondere a ogni fotogramma un movimento ed è cosi per tutti i film in circolazione, ma ai tempi dell’animazione classica si usava il passo 2 interpolato ovvero che con un singolo fotogramma si creavano due fotogrammi intralciando il fotogramma dopo, qui è stata usata una solazione simile dove ai fotogrammi che andavano a passo a 1 vengono affiancati altri a passo a 2 nella stessa scena, come ad esempio quando Miles e Parker fuggono nella foresta: per mostrare la goffaggine di Miles viene animato con la metà dei frame di Parker che risulta più fluente ed esperto. L’uso dei baloon e delle onomatopee è un ulteriore rafforzo allo scimmiottamento del mondo del fumetto. (Sapete che rumore fa una ciambella quando colpisce una persona? guardate il video 😉 )

Molte delle scelte fatte sono state dettate dal voler fare qualcosa di nuovo e mai visto prima, il problema è che nei sistemi che producono immagini generate al computer, molte cose che vedi sullo schermo sono il risultato del desiderio di automatizzare il processo: simulazioni per capelli, vestiti, vento, pioggia, ecc… Da lì la decisione di rinunciare alla tradizione e rivoluzionare tutta una “pipeline lavorativa” consolidata in oltre un decennio di esperienza.

Una delle prime decisioni più rivoluzionare è stata eliminare il motion blur: Nell’azione dal vivo, alcuni movimenti sono così veloci che le immagini appaiono imbrattate nei singoli fotogrammi del film. L’animazione al computer può simulare l’effetto, conferendo alle immagini una sensazione più fluida; eliminando la sfocatura si producevano accenti più staccati, a livello visivo quindi vi era questa cosa “artificiosa” di immagini troppo nette, ma che ben rispondevano alla richiesta di far “vivere” un fumetto, ma per dare un senso di movimento credibile hanno ri-evocato una tecnica dei cartoni animati del passato, ovvero disegnare, ad esempio, più di due mani in una scena per dare l’effetto di movimento veloce (guardate la scena in cui Gwen suona la batteria)

Un’altra scelta per distaccarsi dall’animazione classica è stata renderizzare gli sfondi oltre che con effetti di parallasse con dei colori “fuori registro”, che si sdoppiavano dall’immagine regalando una tridimensionalità nuova agli sfondi e richiamando gli errori di stampa in cui il colore di alcune vignette non era allineata a gli altri colori, dando quell’effetto di 3d senza occhialini di cui parlavamo prima!

Ma a quanto pare non era ancora abbastanza: “quello che rendeva i fumetti così interessanti, era come gli illustratori usassero le linee sui volti per dare emozione extra”, ha detto Dimian. In un film come Toy Story, Woody è costruito con forme geometriche che hanno un volume: si suppone che sia una cosa reale e solida. I fumetti non funzionano in questo modo. Così il team ha scritto un nuovo software per renderizzare i volti in Spider-Man in maniera lineare che poi venisse animato separatamente, come se fosse stato disegnato da un vero artista di fumetti. E infatti così è stato, coinvolgendo alla fine più di 177 animatori e disegnatori ovvero più del doppio dei soliti film animati, per intenderci il primo di Toy Story ne aveva solo 27. Per realizzare un singolo fotogramma è stato necessario una settimana di lavoro mentre solitamente si fanno 4 fotogrammi la settimana.

Il risultato? Gli altri film Marvel sono film dedicati ai loro personaggi dei fumetti, questo film è un fumetto che si muove. In effetti, Dimian dice che se metti in pausa il film su qualsiasi fotogramma vedrai una vignetta completa, illustrata, di fumetto.

La tecnica con cui e stato realizzato questo cartone è cosi sperimentale e cambia in maniera cosi drastica il modo di fare animazione che fa sembrare vecchio di 10 anni tutto quello che vi è in circolazione attualmente, tanto che la sony ha deciso di “brevettare” alcune tecniche utilizzate durante la produzione del film. Il contributo di Adobe e stato essenziale, tanto che durante l’Adobe Max venne mostrato uno speciale dietro le quinte della realizzazione del film.

Il film non ha deluso neppure al botteghino: attualmente è al 97% su Rotten Tomatoes. Insomma è un successo critico e un successo al botteghino. Forse era prevedibile, dal momento che il film è stato prodotto dai preferiti di The Lego Movie Phil Lord e Chris Miller, ma il pubblico ha delirato anche per l’estetica unica del film tanto quanto la storia stessa. La grafica eclettica, ambiziosa e in continuo mutamento del film, che spazia da deliberatamente fumettistico a astratto e psichedelico, è probabile che possa aiutare a ispirare una nuova ondata di animatori a spingere oltre lo stile di casa Pixar Animation che tanti studi di animazione stanno ora emulando in modo rigoroso.

di seguito abbiamo raccolto una gallery dei disegnatori e concept artist che hanno lavorato al progetto

Patrick O’Keefe

Robh Ruppel

Peter Chan

Alberto Mielgo

Drew Hartel

Vaughan Ling

Florent Auguy

Wardenlight Studio (Jessia Rossier, Bastien Grivet, Robh Ruppel)

Yun Ling

Shiyoon Kim

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Lombardo Marco
Lombardo Marcohttp://wiredlayer.com
Marco lombardo è il fondatore di robadagrafici.net Si occupa di aiutare i marchi a crescere. Crea identità memorabili grazie a strategie che ne rafforzano l'identità. marcolombardo@wiredlayer.com info@robadagrafici.net
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