venerdì, Dicembre 5, 2025
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Fate “spazio” al colore dell’Anno Pantone 2026: PANTONE 11-4201 Cloud Dancer

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Se nel 2025 ci eravamo fatti il caffè con Mocha Mousse, nel 2026 Pantone cambia colazione: PANTONE 11-4201 “Cloud Dancer”. Traduzione libera: un bianco “soffice”, leggero, con l’aria di uno che entra in stanza e dice “shhh”.

E sì: è un bianco. Quindi tecnicamente è anche il primo “colore dell’anno” che puoi usare dicendo: “non ho cambiato niente, ho solo… semplificato”.

Se ieri sera avevi già preparato carousel, mockup e “guida definitiva” per il Teal Blue, non sei solo: nelle ore precedenti all’annuncio in giro c’era un mini-delirio collettivo. Siti, profili e “color guru” erano convinti che il Color of the Year 2026 fosse un teal (con la stessa sicurezza di un file chiamato “FINAL FINAL v7.psd”), con tanto di reel super convinti tipo questo per intenderci, poi spariti quando Pantone ha annunciato il vero colore dell’anno: “Cloud Dancer”. Ops.

La radice dell’equivoco è abbastanza semplice: WGSN & Coloro avevano già dichiarato Transformative Teal come Colour of the Year 2026 (la loro, non Pantone). Da lì, la solita scorciatoia da internet: “se lo dicono loro allora lo dirà anche Pantone”. E invece no.

Pantone per il 2026 sceglie: PANTONE 11-4201 “Cloud Dancer”. Traduzione: un bianco “aerato”, morbido, che non urla, non spinge, non seduce con filtri Instagram. Entra in stanza e fa: shhh.

In breve (per chi deve fatturare e non ha tempo da perdere)

Nome: Cloud Dancer
Codice: PANTONE 11-4201
Claim Pantone (riassunto): “un sussurro di calma in un mondo rumoroso”, desiderio di reset / fresh start / lucidità

In soldoni: non è “il bianco come bandiera”, è il bianco come spazio.

Perché un bianco (e perché adesso)?

Pantone, attraverso le parole di Laurie Pressman, Vice President del Pantone Color Institute e figura che guida la strategia business e creativa del Color Institute e della linea PANTONE Fashion + Home, la mette giù così: viviamo un periodo “transizionale” e Cloud Dancer incarna la ricerca di equilibrio tra “futuro digitale” e bisogno di “connessione umana”. In altre parole, rappresenta il bisogno di misura, riflessione, semplicità e, soprattutto, una forma di equilibrio tra futuro digitale e bisogno umano di connessione.

Leatrice Eiseman, Executive Director del Pantone Color Institute, color specialist e autrice di vari libri sul colore (insomma: una che di colore ne sa un botto), dice che in un “tempo di trasformazione” Cloud Dancer è “una promessa di chiarezza” e una “semplificazione consapevole” che aiuta il focus. In un feed dove tutto compete per attenzione, Pantone sceglie una non-competizione: il nuovo “lusso” è togliere.

C’è poi una cosa che ai lettori più fedeli di RDG probabilmente non sarà sfuggita: è anche una scelta “storica”. È la prima volta che Pantone elegge una tonalità di bianco da quando esiste il rito del Color of the Year, avviato nel lontano 1999.

Il vero twist: quando il “colore” è un’idea (e non una tinta)

Se ti suona familiare è perché RDG l’ha già detto chiarissimo parlando di Classic Blue: il color forecast è una specie di profezia che si auto-avvera. Lo “prevedi”, lo pompi, poi vedi il mondo che lo usa e dici “visto?”.

Con Cloud Dancer Pantone fa una mossa furba: invece di inseguire l’algoritmo coi colori “grid-friendly”, si presenta con un antialgoritmo: il silenzio, lo spazio, il vuoto. Che poi è anche la cosa che manca a tutti, o ancora più banalmente quello che molti hanno già e possono usare subito senza cambiare mezzo mondo.

C’è da aggiungere un altro dato importante: al netto del fenomeno, che come designer dobbiamo conoscere e fare nostro, dall’altro lato l’hype e il “peso” del colore Pantone dell’anno si sono ridotti parecchio negli ultimi anni.

Però ricordiamoci che Pantone rimane sempre Pantone e, come da copione, aggancia il colore a brand partner e prodotti che lo “mettono in scena”: Post-it, Motorola, Joybird e Play-Doh, e anche un filone di interpretazioni creative (tipo la tote bag di Emiliano Ponzi).

Quindi sì: il 2026 è un “bianco”, ma non è un “vuoto”. È un fondale perfetto per far risaltare tutto il resto (e, va detto, per vendere bene).


Come usarlo senza fare “studio dentistico 2.0”

La regola d’oro è sempre questa: Cloud Dancer è scenografia, non attore protagonista. E qui diventa anche una questione tecnica, soprattutto in stampa: Cloud Dancer non è “inchiostro”, è substrato + finitura. In stampa tradizionale il “bianco” spesso è la carta stessa (quindi non stampi nulla), oppure inchiostro bianco (serigrafia, UV, digitale su supporti non bianchi), oppure costruzione ottica (vernici, emboss/deboss, ombre, rilievi).

Pantone, lato packaging, spinge molto proprio su queste tecniche “white on white”: tipografia bianco su bianco, blind embossing, gioco di ombre e rilievi per creare profondità senza introdurre colore. Occhio alle trappole comuni, tipo “stampiamolo in CMYK”: con i bianchi è quasi sempre una non-scelta, perché il CMYK non “crea” bianco, lo simula lasciando carta. Qui il supporto fa buona parte del lavoro: una carta troppo fredda o troppo calda cambia la percezione del bianco più di qualunque profilo. E sì: è praticamente obbligatorio un proof di stampa, perché con i quasi-bianchi a monitor “sembrano uguali”. Dal vivo no.

In digitale (UI, editorial, social) vale la stessa logica: “bianco su bianco” è poesia solo finché qualcuno non deve leggere. Quindi contrasto obbligatorio, gerarchie nette e neri puliti; poi materia (texture, grain leggero, ombre morbide, fotografie con neri profondi) perché Cloud Dancer vive di micro-contrasti; e infine un accento con personalità, uno solo ma deciso, per evitare l’effetto “catalogo di sanitari”.

Se ti serve un appiglio operativo: ecco cinque combinazioni “pronte all’uso” (HEX indicativi, non dogmi):
Tech-calm Cloud Dancer #F0EEE9 + Ink #111827 + Cobalt #1D4ED8;
Quiet luxury #F0EEE9 + Espresso #2B1D16 + Brass #B08D57;
Nordic editorial #F0EEE9 + Charcoal #1F2937 + Sage #6B7D6B;
Gallery mode #F0EEE9 + Graphite #111111 + Berry #B91C1C;
Soft product #F0EEE9 + Slate #334155 + Peach #F6BFA6.

puoi trovare altre combinazioni qui: https://www.pantone.com/eu/it/articles/color-of-the-year/color-of-the-year-2026-color-palettes

(Nota: Cloud Dancer tende a oscillare tra avorio e neutro a seconda delle conversioni: non innamorarti di un HEX, innamorati del risultato su schermo e su stampa.)

“Ok, ma quindi è un colore pigro?”

Dipende da cosa ci fai. Nel 2025 si rideva (anche giustamente) del “marrone comfort” perché sembrava un’idea già vista e un po’ tiepida. Nel 2026 il rischio è opposto: che sia così neutro da diventare una non-scelta.

Però è proprio lì che Cloud Dancer può diventare utile: perché, se lo gestisci bene, è un ottimo collante visivo per chi vuole ripulire l’identità senza fare un rebranding traumatico, rendere più “premium” un layout (se supportato da tipografia e fotografia), o costruire sistemi modulari (design system, griglie editoriali, template social).

E alla fine, forse, il punto è questo: in un’epoca in cui ci sentiamo obbligati a riempire ogni centimetro, Pantone nel 2026 ti sta dicendo l’opposto. Non “aggiungi un colore”. Fai spazio, e poi decidiamo cosa vale davvero la pena mettere in scena.

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Lombardo Marco
Lombardo Marcohttp://wiredlayer.com
Marco lombardo è il fondatore di robadagrafici.net Si occupa di aiutare i marchi a crescere. Crea identità memorabili grazie a strategie che ne rafforzano l'identità. marcolombardo@wiredlayer.com info@robadagrafici.net
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